Al Mast la fotografia tra memoria e tecnologia
Già dal titolo, ‘Image Capital’, è subito chiaro il tema attorno a cui ruota l’ultima mostra del Mast, visitabile fino al 9 gennaio (e presente in contemporanea anche al Folkwang Museum di Essen): il valore economico delle immagini, nonché il ruolo della loro conservazione e archiviazione per la memoria individuale e collettiva.
Il progetto nasce dalla collaborazione tra i berlinesi Estelle Blaschke e Armin Linke. La prima, classe 1976, è storica della fotografia e ricercatrice all’Università di Basilea e all’Ecal di Losanna. Suoi sono i testi a corredo di ogni immagine. Da sempre la sua ricerca è improntata alla storia e alla teoria della fotografia analogica e digitale. Il secondo, classe 1966, è fotografo e filmmaker interessato a documentare i fenomeni di globalizzazione, i cambiamenti dei paesaggi contemporanei e le conseguenze sociali e politiche che ne derivano. Per Linke si tratta di un ritorno a Bologna dopo l’esperienza di Foto/Industria del 2019, in occasione della quale aveva esposto le sue immagini/installazioni scultoree nell’Aula Magna della Biblioteca universitaria e al Museo Marsili.

Image Capital, che porta come sottotitolo ‘La fotografia come tecnologia dell’informazione’, è curata da Francesco Zanot e si snoda attraverso immagini fotografiche esposte in cornici di legno appoggiate alle pareti, immagini d’archivio stampate su lastre di vetro, pubblicazioni a tema e strumenti di lavoro che favoriscono un approccio più immersivo. Il tutto è disposto su uno stesso piano, senza gerarchie e in un equilibrio a tratti precario. Un work in progress, un archivio complesso, stratificato ed eterogeneo in crescita progressiva suddiviso in sei sezioni, che diventano sei display in cui riflettere sull’utilizzo di ieri, oggi e domani delle immagini fotografiche: Memory, Access, Protection, Mining, Imaging, Currency. Nella prima sezione la fotografia è estensione del bacino mnemonico umano. Nella seconda ci si chiede come i dati vengano associati all’immagine, la terza mostra come da oltre mezzo secolo ingenti risorse vengano investite per salvare le pellicole. La quarta si sofferma sull’analisi delle immagini, sul loro utilizzo nelle tecnologie per il riconoscimento automatico (suggestivo il racconto dell’uso dell’héliogravure per accumulare informazioni sulle colture). Nella penultima sezione la fotografia è sistema di visualizzazione della realtà e strumento per elaborare progetti mentre nell’ultima ci si occupa di analizzare i metadati, chiave d’accesso a una marea di informazioni dal valore storico, politico, economico e culturale inimmaginabile.

Image Capital nasce da un progetto che dura da circa cinque anni (l’ultima metà dei quali condiviso con la Fondazione Mast) e che mira a porre l’attenzione su quanto l’immagine fotografica nella società contemporanea e nei suoi circuiti produttivi sia divenuta ormai indispensabile e, in quanto tale, sempre più monetizzabile. Come spiega il curatore, le foto sono «una vera e propria forma di capitale» e «chi ne detiene il dominio possiede un vantaggio strategico». E se è vero che non si può più prescindere dall’avanzare inesorabile dei processi produttivi globalizzati, è altrettanto vero che non si può neppure fare a meno di mantenerne memoria e testimonianza. E la memoria – che sia privata, intima e familiare o legata alla produzione industriale e agli spazi urbani che evolvono – va creata, come ci insegna il celeberrimo slogan della Kodak del 1966, con cui si apre il percorso espositivo: «If you don’t have a photographic memory, get one (se non hai una memoria fotografica, fattene una)».
Foto copertina: Armin Linke, Sito di stoccaggio di Iron Mountain, Boyers (PA), USA, 2018, © Armin Linke e Vistamare Milano/Pescara