Anna Morandi, ragione con sentimento

Le sale di Palazzo Poggi, sede dell’antico Istituto delle Scienze, raccontano una storia al femminile di straordinaria attualità, quella dell’anatomista e scultrice Anna Morandi.

Francesco Arcangeli scrive che Bologna tra il 1710 e il 1715 è una città all’avanguardia come Parigi. C’è Donato Creti che dipinge con piglio già illuminista le sue Osservazioni astronomiche da donare al papa, c’è Giuseppe Maria Crespi, ormai riconosciuto come un maestro internazionale. La scienza, va detto, non è da meno, anzi: nel 1714 Luigi Ferdinando Marsili riesce a ottenere la sede di Palazzo Poggi per un modernissimo istituto in cui le scienze non si insegnino solo per via teorica, ma si mettano anche in pratica in modo sperimentale. Luigi Galvani ne sarà presidente, solo per citare uno dei protagonisti di quell’epoca. 

Per uno strano scherzo del destino, il 1714 è anche l’anno di nascita di un’altra protagonista dell’Istituto, Anna Morandi, che saprà unire il pensiero artistico e quello scientifico come pochi prima di lei. Non si tratta qui, stavolta, di rimediare a un’amnesia della storia cittadina, perché da diversi anni la figura di Morandi è stata recuperata, prima grazie un libro scritto dalla studiosa statunitense Rebecca Messbarger (tradotto in italiano nel 2020 ma uscito in realtà nel 2010), poi con un film tratto dal libro, Die Anatomin, di Iris Fegerl (2019). Eppure per troppo tempo la memoria della Signora anatomista, questo il titolo del libro, ha subito i soliti torti che vengono riservati ai talenti femminili. Le prime righe della sua lapide nella chiesa di San Procolo a Bologna la dicono madre e donna amorevole e sembrano il titolo di un quotidiano dei giorni nostri, in cui si ricordi la scienziata di turno soprattutto per l’appartenenza al genere femminile.

A. Morandi, Busto (autoritratto), 1755, modello in cera, pittura, seta, capelli, perle, metallo, vetro, legno, @Museo di Palazzo Poggi

Dopo un tirocinio artistico, Morandi apprende l’antica arte della ceroplastica dal marito, Giovanni Manzolini, che sposa nel 1740. E per un altro scherzo del destino, se destino vogliamo chiamarlo, qualche anno fa le si è voluto rendere omaggio dedicandole la scoperta di un cratere sulla superficie di Venere che però è stato battezzato col cognome del marito, quello da sposata, come si usa ancora dire. 

C’è da dire che al tempo di Anna Morandi la scelta di una donna di dedicarsi allo studio dell’anatomia, da sempre ritenuto più adatto alla tempra maschile, è davvero inusuale. Francesco Maria Zanotti, segretario dell’Istituto delle Scienze, scrittore e filosofo apprezzato anche da Leopardi, lascia un commento stupito e sinceramente ammirato dell’attività morandiana: “Una donna molto bella e ingegnosa tratta cadaveri e arti in decomposizione in maniera del tutto nuova, e come a volerne lasciar copia ai posteri, non si ritrae dal farne di molto fedeli”. Una donna anatomista deve però sembrargli una cosa talmente curiosa che oltre a presentarne prima l’aspetto fisico si affretta anche a descrivere i suoi preparati in cera come sculture realizzate per ‘abbellire’ la sua abitazione. 

Ma l’arte raffinatissima di Anna Morandi non ha una funzione strettamente estetica. Basta guardare i preparati in cera che raccontano la sfera della percezione umana, in particolare il senso del tatto. Con essi Morandi rende immediatamente visibile la complessa fisiologia del tatto non solo negli aspetti statici delle solite descrizioni anatomiche, ma anche nella dinamica del movimento corporeo. Dalla Coppia di mani per esempio, forse tra i suoi modelli più noti, possiamo quasi ricevere la sensazione di piacevole morbidezza nella sinistra che poggia su un drappo incerato, a sua volta baroccamente modellato; oppure cogliamo a colpo d’occhio il ritrarsi improvviso della destra, punta e persino ferita da qualcosa come accade nel guizzo di mani del Ragazzo morso da un ramarro di Caravaggio.

A. Morandi, Coppia di mani, 1755-1774, modello in cera, pittura legno, tessuto, © Museo di Palazzo Poggi

Il fascino artistico di queste cere è innegabile e Morandi dimostra, tra le altre cose, di intuire alla perfezione il valore del contrasto tra colori complementari: l’azzurro del fondo delle tavole e gli incarnati tendenti all’arancio si esaltano a vicenda, secondo una regola cromatica che capiranno bene circa un secolo dopo gli Impressionisti. Eppure Anna Morandi è soprattutto una straordinaria scienziata di fama internazionale, la cui attività di ceroplasta non va mai separata da quella di indagatrice sperimentale e di attentissima scrittrice. Le sue cere andrebbero osservate facendosi guidare dalle sue oltre duecento pagine di note, che non sono solo, dice Zanotti, scritte con un lessico colto, ma limpido e comprensibile, “come raramente succede per le spiegazioni di qualunque anatomista”; sono anche capaci di far avanzare le scienze anatomiche, cogliendole e descrivendole nel vivo del corpo umano sentito come esperienza vitale, dinamica, attiva.

Del resto con la sua pratica Anna Morandi forse si toglie anche qualche soddisfazione, per esempio dimostrando che non esistono differenze macroscopiche tra i corpi maschili e quelli femminili: condividono la stessa elasticità di fibre, tessuti connettivi, organi e altre migliaia di componenti. Con buona pace delle teorie misogine della scienza di allora, convinte che la donna, ‘debole’ e ‘impressionabile’ per natura, non dovesse approcciarsi alla fatica e alle crudeltà dell’anatomia.

Sarà anche per questo motivo che l’autoritratto a mezzobusto di Morandi la raffigura vestita da dama elegante, come vogliono gli Zanotti di tutti i tempi, e tuttavia alle prese con la dissezione di un cranio da cui si vede emergere con grande precisione un cervello. È un altro modo per dire che la donna può benissimo occuparsi e fare esercizio della sede della ragione, da sempre ritenuta un presidio solo maschile per via degli altalenanti ‘umori’ che condizionano il lavoro femminile. E il tutto mentre, in parallelo, l’ironico ingegno morandiano affida al marito Giovanni Manzolini la dissezione di un cuore, secondo un brillante anticipo di pari opportunità tra i generi.

A. Morandi, Muscoli estrinseci dell’occhio, 1755-1769, modello in cera, pittura, legno, tessuto, © Museo di Palazzo Poggi

Foto copertina A. Morandi, Avambraccio, 1755, modello in cera, pittura, legno, tessuto (oggetto solitamente orientato in verticale), © Museo di Palazzo Poggi

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