Bologna fotografata
Bologna fotografata. Persone. Luoghi. Fotografi è il titolo del percorso fotografico dedicato alla città di Bologna allestito nei rinnovati spazi del Sottopasso di Piazza Re Enzo fino al 28 gennaio 2024. Il progetto espositivo, curato da Giuseppe Savini, è in continuità con una prima esposizione fotografica di successo datata 2017, sempre dedicata al capoluogo bolognese e promossa anch’essa dalla Cineteca di Bologna e da altre istituzioni. Sostenuta, inoltre, da sponsor pubblici e privati. L’acquisizione di nuovi fondi e i materiali messi a disposizione da archivi e collezioni, tra cui quelli provenienti dall’Università di Bologna, hanno reso possibile questa seconda inedita e straordinaria narrazione sul capoluogo emiliano.
Dobbiamo quasi interamente ad Olindo Guerrini (1845-1916), poeta, scrittore ed ex direttore della Biblioteca Universitaria dell’ateneo bolognese, larga parte degli scatti allestiti nel primo corridoio del Sottopasso. Sono scatti rubati, quasi animati, che ci parlano di vita quotidiana e immortalano, spesso a loro insaputa, uomini e donne che passeggiano in piazza e per le vie della città nella Bologna di fine secolo. Tra questi la misteriosa Donna a passeggio verso la basilica di San Petronio, già divenuta icona dell’intera rassegna.

Olindo Guerrini li chiamava “lavoretti di fotografia”, ma in realtà erano già molto di più. Siamo alla fine dell’Ottocento. Bologna post-unitaria è alle prese con le grandi trasformazioni sociali, politiche ed economiche del tempo, in bilico tra il mantenimento di un rassicurante status quo e il progresso. Una carrellata ricchissima di fotogrammi ci racconta com’erano e come sono cambiati i suoi luoghi: le strade, le piazze, le sedi del potere e del divertimento, così come i trasporti con la comparsa dei tram trainati dai cavalli. Sono anche gli anni in cui, tra le proteste, vengono abbattute le mura del centro storico di cui vediamo testimonianza in mostra, per via di esigenze igienico-sanitarie, giustificherà il funzionario comunale Giuseppe Cavazza, in realtà sappiamo per effetto della speculazione edilizia e delle nuove esigenze abitative.

La fotografia a quei tempi era ancora un misto di magia e divertimento. In seguito si trasformerà in un mezzo per documentare quel che avviene nelle trincee, fissare i tanti volti degli uomini costretti a partire per il fronte, alleviare l’attesa di chi resta. La carrellata di scatti che segue è decisamente più dura e l’atmosfera più cupa, fatta eccezione per rare parentesi tra cui la grande nevicata del 1933 che sommerse e paralizzò letteralmente la città. Si arriva così in questo lungo percorso agli anni del primo conflitto mondiale con la sua scia di feriti e invalidi: in mostra ritratti di uomini mutilati che si trovano ad imparare nuovi mestieri per reinserirsi nella società anche grazie all’Istituto Ortopedico Rizzoli, fiore all’occhiello della città e dell’intero Paese.
Seguono le foto del secondo conflitto mondiale, ancora più devastante del primo: le manifestazioni e i ritratti della Bologna fascista, l’invasione dei tedeschi, i disastrosi bombardamenti, tra cui quello tristemente famoso del 1943, infine, e per fortuna, il movimento della Resistenza, la liberazione del 21 aprile 1945, le donne e gli uomini per le strade a festeggiare.

Il viaggio prosegue attraverso gli sguardi di molti altri fotografi con cui ripercorriamo gli anni del boom economico. Tutto è stato distrutto e c’è molto da rifare comprese le istituzioni, documentare è un dovere. Attraverso la macchina fotografica prende forma una nuova iconografica della città fatta di lavori pubblici, cantieri, rinnovati spazi urbani e privati, persone che cominciano lentamente a ricostruire la loro quotidianità e guardare il futuro con rinnovato ottimismo. Si fotografano perfino i cartelloni pubblicitari. Sono gli anni della ricostruzione di Dozza e di Dossetti, in cui Bologna si avvia verso la modernità, ma anche gli anni delle grandi contrapposizioni ideologiche, delle proteste e delle contraddizioni. Ed ecco che, agli occhi dello spettatore, dopo gli anni e i volti di una città che ha saputo ricostruirsi e riconquistare uno stato di relativo benessere, si svela un’immagine ancora diversa: fatti di cronaca, cortei di studenti e operai lungo via dell’Indipendenza, occupazioni di fabbriche e luoghi dell’università, scontri in piazza occupano la scena. Una stagione movimentata, documentata dai tanti fotografi e fotoreporter delle testate giornalistiche locali. Il fotografo è ormai una professione di cui le redazioni non possono più fare a meno.

Un altro triste e buio capitolo per la città si avvicina, la strage del 2 agosto 1980. La foto dell’orologio fermo alle 10.25 fa ormai parte della nostra memoria storica. Seguono le immagini di una città ferita, ma anche della Bologna che si rialza, che risana le sue fratture, ricompone il tessuto sociale, alla ricerca di un nuovo equilibrio. Gli ultimi quindici anni della mostra abbracciano infine un periodo ampio, di grande fermento e innovazione per la città. Bologna assume un volto già più noto per i più. E’ il volto di una storia recente che in parte conosciamo o di cui ci sentiamo parte. La città si amplia e si trova a fronteggiare nuove sfide, nuove richieste di abitazioni, servizi, mobilità, opportunità educative e sociali, lavorative e culturali. Bologna diventa un laboratorio di sperimentazione, innovazione, accoglienza per le nuove generazioni.
Le ultime sale, anch’esse ricchissime di scatti, ci restituiscono l’immagine di questo grande fermento: vedute aeree della città dalla Torre Asinelli, festeggiamenti dei mondiali del 1982, celebri cantautori e scrittori per le vie del centro storico, la firma della Magna Charta Universitatum, i club di musica che dettano mode e tendenze, i writer sotto il ponte di Via Libia, le culture giovanili dei centri sociali con cui giungiamo alla metà degli anni novanta. Si arriva così, tutto d’un fiato, alla fine di un viaggio durato circa due secoli. Una moltitudine di scatti ha portato il pubblico a confrontarsi continuamente con i tanti volti di una città dalle radici antiche, ma sempre vivace e vitale, che ha saputo sempre rinnovarsi continuamente. Ai suoi fotografi dobbiamo tutto questo. La mostra si chiude con l’avvento della fotografia analogica, alle soglie del nuovo millennio, poco prima della rivoluzione del digitale. Ma questa è un’altra storia.