Cerimonia del XVIII anno accademico del Collegio Superiore Alma Mater
Ha il sapore di antichissimo la parola, il luogo, il metodo, “Collegio”: raccogliere insieme, scegliere, l’ordine di persone devote allo stesso esercizio. E fu probabilmente a questa parola antica, a cui corrispondo luoghi dove si respira il senso della sacralità dello studio, della scienza e dell’umanesimo che pensò nel 1998, l’allora Rettore Fabio Roversi Monaco quando diede vita al Collegio di Studi Superiori dell’Alma Mater. La costituzione di questo istituto d’eccellenza avvenne probabilmente ragionando sull’Università Italiana che, massificata, aveva certo elevato di gran lunga l’asticella della cultura media nel paese (attraverso le pari opportunità, i grandi numeri di iscrizioni, di Atenei, di Facoltà), ma stava dimenticando i suoi studenti migliori..
Il primo valore aggiunto del Collegio è di certo la convivenza: si può infatti vederla come basata sul rapporto umano quella che è l’esperienza collegiale, un trascorso di vita gomito a gomito, libro a libro, che sviluppa gli aspetti di un momento della gioventù, un convivio prolungato, irriproducibile in età più avanzata, alla volta del mondo del lavoro e delle responsabilità famigliari, ma che comunque parzialmente si conserva nei veri gruppi di ricerca.
Diventano collegiali i migliori studenti con una media non inferiore al 28 e in corso di laurea, ed è un vero successo superare il concorso di selezione. Raccoglie studenti da tutto il mondo quindi diventa un incontro fra culture fra esperienze di diversa didattica.Nell’era della necessaria specializzazione del sapere, chiede allo studente lo sforzo dell’interdisciplinarità nella consapevolezza che per quanto sia questa l’era della specializzazione, gli scienziati migliori hanno sempre palesato un altissima cultura generale, traendo ispirazione, suggestioni, metodi, da altre discipline apparentemente lontane.
Il Magnifico Rettore Francesco Ubertini
In questa inaugurazione del XVIII anno Accademico del Collegio Superiore, il Magnifico Rettore Francesco Ubertini ha dichiarato la sua ammirazione per l’istituto: “L’ammirazione di un rettore non può rimanere astratta e la cosa più importante che posso affermare e di sostenere il più possibile questa eccellenza, iniziando dalla prospettiva di un posizionamento concreto in un luogo dove possa assumere una visibilità che il Collegio merita.”
Il Rettore ha infatti iniziato il suo mandato presentando subito l’istanza al Ministero proveniente da Bologna, ma anche dalle altre università italiane, perché sia finalmente fornito l’accreditamento di risorsedestinate alla realizzazione di una vera e propria sede. Infatti, il Collegio Superiore ha ancora una residenza temporanea, ma come ha annunciato il Direttore del Collegio Prof. Luca Ciotti, sembra imminente, probabilmente a marzo, l’accreditamento di finanziamenti pubblici per investire in una sede e in una residenza per i collegiali, in primo primo piano nel tessuto cittadino. Come ha dichiarato il neo Presidente del Collegio Dario Braga (già direttore dello stesso istituto dal 2001 al 2006), il collegio è in sé anche un laboratorio, certo prima di tutto una preziosa opportunità per gli studenti, ma anche un centro di ricerca e sperimentazione di nuovi metodi didattici: gli studenti sono vere e proprie cavie volontarie per studiare inediti e originali metodi di insegnamento, perché anche la trasmissione del sapere è scienza in sé, e va disegnata attraverso un intimo rapporto maestro-allievo.
Ma il Collegio, come ha ricordato sia il Magnifico Rettore e il Prof. Braga, è anche il “biglietto da visita” dell’Alma Mater in Europa e nel mondo, la migliore pubblicità perché si conservi l’immagine dell’Università di Bologna come fra le più prestigiose. Si sa appunto che l’Ateneo può reggere la competizione internazionale soprattutto contando sul prestigio e a ben poco servono le strategie di marketing, se non rette dalle solide gambe della tradizione UniBo nella didattica e nella ricerca.
L’entusiasmo per la vita collegiale è emersa dall’intervento rappresentante degli studenti del collegio Laura Bigoni la quale ha sottolineato il lodevole aspetto di grande apertura alle altre culture che ivi si respira, come anche la forza della già citata interdisciplinarità. Ha descritto metaforicamente i collegiali come studiosi che non vogliono considerarsi giardinieri di una sola specie di pianta, “ma vivaisti esperti che si impegnano a scoprire specie di piante rare, con innesti prima impensabili”.
Come commovente, ma pieno di speranza, l’intervento della alunna Maria Grazia Porcedda, che ha posto l’accento sul Collegio come luogo di pari opportunità, raccontando d’essere fuggita dalla sua amata terra, la Sardegna (dove si registra il 50% di disoccupazione giovanile), “arrabbiata e sbattendo la porta”, e ha ringraziato l’Alma Mater per l’incoraggiamento e la grande occasione che le è stata offerta, perché mai avrebbe potuto permettersi un percorso d’istruzione di così alto profilo se avesse dovuto contare sul reddito familiare.
L’appassionante incontro Cattaneo-Calzà.
L’ospite d’onore dell’inaugurazione, la Senatrice Elena Cattaneo, (scienziata di fama mondiale nella ricerca sulle cellule staminali, nominata Senatrice a Vita dal Presidente Giorgio Napolitano), ha dialogato con la Prof.ssa Laura Calzà (medico chirurgo, fra i massimi esperti in malattie degenerative del sistema nervoso).
Era ovviamente (e piacevolmente) “preparata” la prima domanda, posta dalla Prof.ssa Calzà alla Senatrice Cattaneo, perché emergeva senza dubbio la voglia di proporre un omaggio: “Chi sono per te Elena, i maestri?”.
A quel punto la Senatrice ha acceso dietro di se una enorme immagine, una foto del Premio Nobel Rita Levi-Montalcini, a 98 anni, tesa in cattedra ad esporre energicamente le sue idee, stringendole in un pugno energico e vitale, tutt’altro che senile.
La Senatrice Cattaneo ha spiegato: “Se guardate questa foto che risale al 2006, mentre Rita stava parlando a 500 giovani, è semplice capire chi sia un maestro. I maestri sono quelli che non ti fanno sentire 50 anni di differenza, quelle persone che sembrano avere il potere perfino di fermare il tempo. La capacità dei maestri è quello di saper superare le difficoltà, saper trovare le soluzioni, e accendere quell’entusiasmo che in fondo ti fa cominciare una nuova giornata come se si fosse alla conquista del mondo, nel senso di poter migliorare il mondo. Rita è una donna che ha superato gravi difficoltà in un’epoca molto più difficile della nostra, dove alle donne era a malapena consentito studiare. Persone come Rita ti fanno capire che non ci sono limiti in quello che si può fare, se non gli unici limiti insiti nella propria immaginazione. Al contempo il maestro sa insegnarti che puoi fallire, il maestro sa farti capire che alla fine siamo tutti essere umani, che per quanto lo scienziato possa essere geniale, illustre, originale, innovatore, alla fine è un essere umano.”

La prof.ssa Calzà ha poi voluto ricordare quello che è stato “quel drammatico periodo, fin troppo lungo, di non scienza, legato al caso stamina”, riferendosi a quando fu sottratto ai ricercatori la possibilità di studiare le cellule staminali, e la professoressa Cattaneo con solo altri due colleghi, decise di far causa al Governo Berlusconi. Ed è su questo punto che Laura Calzà ha voluto un approfondimento, chiedendo alla Senatrice se in quella battaglia, così energica e intensa, non si fosse sentita sola, e se non fu delusa da una comunità scientifica che sembrò palesarsi poco.
“Purtroppo quello del caso stamina non è un caso isolato. Bisogna prestare la stessa attenzione per quanto riguarda gli OGM e sulla sperimentazione animale. Ci sono stati diversi colleghi che sono intervenuti, ma ti confesso che ritengo che la nostra comunità scientifica è spesso assente, e questo da spazio ai ciarlatani, agli sciamani, ai riti magici… Questo è un problema del nostro paese, il problema del nostro paese […] Guardate, se vi privano il diritto di studiare una cosa, e se per voi studiare quella determinata cosa è lecito e legittimo, dovete fare valere il vostro diritto di studiare.
Io trovo fisicamente insopportabile che qualcuno mi impedisca di studiare, ed è per questo che ho fatto causa al governo; era il governo Berlusconi e avrei fatto altrettanto con qualsiasi altro governo, ed è significato alzarsi in piedi. Sei in laboratorio a studiare quelle cellule che il governo vorrebbe impedirti di studiare. Io non ci sto… semplicemente. E ho anche scoperto, e guardate è stata un’esperienza interessante, che essere uno scienziato che lavora in laboratorio significa anche uscire dal laboratorio per rivendicare il diritto di conoscere, studiare e capire, quando questo diritto viene sottratto. E non mi importava niente se a rivendicare quel diritto, a far causa, eravamo in diecimila. Se io da sola, avendo analizzato le condizioni, i meccanismi, alla fine ritenevo (come ho ritenuto) che quello che mi era stato fatto era un abuso di potere, poco mi importava di essere sola o in diecimila. Alla fine come sapete abbiamo fatto causa in tre, a abbiamo semplicemente fatto causa a un governo che voleva impedirmi di studiare. Purtroppo c’è un allarme fortissimo, su stamina, OGM e tanti altri campi di ricerca e quindi è importante interessarsene. Questo è un insegnamento che reputo importante trasmettere a voi che diventerete scienziati: se avete studiato una certa cosa, in un certo modo, se voi avete le prove, dovete ricordarvi che il compito degli scienziati è sempre, ogni volta, alzarsi in piedi e dichiarare il proprio disappunto su falsità, su quanto viene dichiarato di non vero e fuorviante, di quanto viene raccontato privo delle prove scientifiche che avete in mano voi.”
La Córea di Huntington,
L’ultima domanda della Prof.ssa Calzà non poteva che riguardare i recenti studi della scienziata milanese. Come noto la senatrice, sta studiando una terribile malattia, la Córea di Huntington. Si tratta di una drammatica e incurabile degenerazione del sistema nervoso, che normalmente compare verso dai 30 ai 35 anni d’età e si manifesta inizialmente attraverso problemi cognitivi a cui segue una generale mancanza di coordinazione e una andatura instabile.
Questa malattia genetica conduce al decesso in meno di 20 anni dal suo palesarsi, è causata dall’allungamento in misura superiore al normale di una sezione ripetuta di un gene, l’HTT.
Questo gene contiene una sequenza di tre basi di DNA: citosina-adenina-guanina (CAG), ripetuta più volte (cioè … CAGCAGCAG …), nota come una espansione di triplette. Questa serie di triplette, ha spiegato Elena Cattaneo, è quantitativamente molto cangiante nell’uomo, c’è chi ne ha pochissime e chi tantissime. E’ a partire da 36 CAG che si palesa inesorabilmente la malattia.
La domanda che ossessiona la Prof.ssa Cattaneo è sapere perché abbiamo quel gene in corpo e perché fra l’altro noi esseri umani siamo variabili come numero di CAG: c’è chi ne ha 10, chi ne ha 15, chi ne ha 25, c’è perfino chi ne ha 100 (ma si tratta di quei rarissimi casi che manifestano la córea ancora fanciulli perché la malattia è tanto precoce quanto alto il numero di CAG.
La scienziata si chiede: perché abbiamo questo gene in corpo se rischia di impazzire a partire dalle 36 ripetizioni di CAG?
La scienziata a questo punto ha pensato di fare una sorta di ricerca storica. Potremmo chiamarla “bio-paleonotologia”? Elena Cattaneo ha scoperto che questo gene HTT che abbiamo in corpo è nato 800 milioni di anni fa ed è presente in una meba, ma in questa meba non presenta alcun CAG. Questa è il primo organismo pluricellulare che compare sulla terra che ha un gene come il nostro, ma, attenzione, senza CAG, perché all’inizio il gene nasce “innocente”. Quindi nell’evoluzione compare questo organismo pluricellulare, con tante cellule che iniziano a parlarsi insieme. Trattandosi di più cellule insieme impara a muoversi e può cercare terreni fertili di batteri. Ha detto la Cattaneo “potremmo considerarla la prima società organizzata”.
Cosa è successo dal gene di quella meba, nostra antenata, fino al nostro gene? Nell’evoluzione si biforcano due rami evolutivi, da una parte i protostomi (gli insetti, l’ape, la formica) che hanno il gene ma senza CAG, poi c’è il nostro ramo evolutivo quello degli deuterostomi, dove compare il CAG. La prima specie in cui scopriamo il CAG, ha raccontato la scienziata, è il riccio di mare, che ha 2 CAG e “guarda caso” è la prima specie che presenta un anello primitivo di sistema nervoso.
La scienziata ha proseguito la ricerca seguendo l’evoluzione: seppure più evoluto l’anfiosso ha 2 CAG, il pesce zebra (Danio Rerio) ancora più evoluto ne ha 4, il topo 7, la pecora ne ha 10, il cane 12, le scimmie circa 15, e la specie umana è variabile come CAG da 9 a 35, con una percentuale del 5% di alta ripetizione di CAG, tra 27 e 35.
Sembra lampante che l’evoluzione ci consegni un CAG sempre più allungato. E la professoressa è convinta che c’è una coincidenza, già in parte sperimentata, fra intelligenza, capacità di apprendimento e alto numero di CAG: più CAG significa più sistema nervoso.
I malati della Huntington hanno troppi CAG e cioè più di 35, ma il 95% di loro ne ha solo pochissimi in più, cioè 42-44. Sono quindi pochissimi quelli che avendone molti di più non raggiungono la maturità sessuale. L’evoluzione sembra proprio voler garantire che queste persone possano riprodursi e lasciare ai discendenti molti CAG. Secondo la scienziata, ed è questo che vuol capire più profondamente e con maggior certezze, probabilmente l’evoluzione continua a spingere verso l’aumento di CAG. Cattaneo si è interrogata se dunque, quelli che consideriamo malati, non siano che “l’avamposto dell’evoluzione”.
“Sto cercando di capire se può essere vero che Hungtinton non si un errore genetico ma invece un processo evolutivo ancora in corso. E se questi malati fanno parte della nostra evoluzione dobbiamo fare tantissimo per loro.
Mai nella vita avrei pensato, che in laboratorio, con le staminali addirittura, avrei potuto studiare cose avvenute 800 milioni di anni fa, ed è questo, secondo la mia esperienza, studiare, capire conoscere”.
Vito Contento