Con Chatgpt cambia la storia della formazione e della ricerca
Oltre a chattare, Chatgpt può scrivere codice in linguaggi, può risolvere problemi, fare traduzioni, scrivere articoli e tanto altro. Abbiamo intervistato il prof. Davide Maltoni, docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni del Dipartimento di Informatica – Scienza e Ingegneria dell’Università di Bologna. «Si tratta di una chiara anteprima di progresso – ci svela Maltoni – i docenti dovranno modificare il proprio metodo di insegnamento, ma mi preoccupa la ben nota lentezza del sistema dell’istruzione ad adeguarsi in generale ai cambiamenti. Chatgpt è capace di produrre persino pubblicazioni scientifiche talmente verosimili da mettere in difficoltà, come rivelano alcune evidenze sperimentate, gli stessi incaricati del processo di revisione attraverso i quali di solito passa ogni articolo scientifico».
Siamo all’alba di una nuova era della IA (Intelligenza artificiale, ndr): all’indirizzo chat.openai.com, accessibile a tutti (fanno eccezione alcuni paesi tra cui il nostro, dove OpenAi, l’azienda che ha inventato Chatgpt, ha sospeso temporaneamente il servizio dopo lo stop imposto dal Garante della privacy), esiste una finestra nella quale, in quasi tutte le lingue parlate, si può richiedere al software di svolgere una serie di compiti. Ad esempio: «scrivimi un articolo sulla transizione ecologica» oppure «risolvimi questo problema matematico»; o ancora «sistemami in una tabella di Excel questi dati». Oltre a chattare, Chatgpt può scrivere codice in linguaggi di programmazione come Java, Python, ecc., può risolvere problemi, fare traduzioni, scrivere articoli e tanto altro ancora.

Le implicazioni e gli impatti nel prossimo futuro appaiono intuibili e inevitabili; con il professore Davide Maltoni, docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni del Dipartimento di Informatica – Scienza e Ingegneria dell’Università di Bologna, abbiamo affrontato il tema in un’ottica accademica, ovvero in chiave di opportunità o di rischi per quello che riguarda il nostro contesto, l’ecosistema della formazione e della ricerca.
Professore, ci può descrivere la tecnologia utilizzata dal programma Chatgpt e quale è il suo aspetto innovativo?
«Fino ad una decina di anni fa gli algoritmi che provavano a tradurre automaticamente i testi lavoravano su una parola alla volta, serialmente, come diciamo noi informatici. La tecnologia adottata dalla società OpenAi nella realizzazione del programma Chatgpt, dove Gpt sta per Generative Pre-trained Transformer, utilizza il Natural Language Processing (Elaborazione del Linguaggio Naturale) per produrre testi quanto più possibile simili al linguaggio umano. Come ci riesce? Fa ricorso ad una quantità enorme di testi scritti da esseri umani per addestrare il modello e attraverso il Deep Learning impara a comprendere e a rispondere alle domande su una vasta gamma di argomenti, avvalendosi della Sentiment Analysis (che si occupa di identificare ed estrapolare le opinioni dai testi) e considerando anche le sfumature del linguaggio umano. Vi sono altre startup concorrenti, tra cui Anthropic, Cohere e Ai21, che stanno lavorando a chatbot analoghi a quello di OpenAi».
Dunque si tratta di una tecnologia che impatta anche sulla sfera della produzione scientifica?
«Questi modelli di linguaggio permetteranno di navigare in modo molto più efficace dentro il grande patrimonio di scritti e di paper scientifici. Sarà sempre più utile avere a disposizione degli strumenti di supporto che possano, come se fossero degli assistenti virtuali, consigliare cosa leggere o cosa non leggere, cosa è più vicino alla tua ricerca. In passato esistevano già strumenti simili, ma avevano meno potenzialità. In campo medico, questa nuova generazione di linguaggi sembra essere in grado di dare un grande aiuto nell’estrarre – in modo omogeneo da documenti non strutturati come le cartelle cliniche – i dati clinici e i parametri vitali dei pazienti. Di conseguenza, potrà dare un impulso molto importante alla medicina personalizzata».
Quindi possiamo parlare di una velocizzazione nell’estrazione delle informazioni rilevanti. Ma come funziona il sistema di controllo di qualità delle informazioni estrapolate?
«Sappiamo che questi modelli sono soggetti alle cosiddette allucinations e possono produrre anche degli output non affidabili. La frontiera dell’attività di sviluppo sarà proprio quella di mettere a punto modelli di validazione che possano essere integrati in maniera automatica – magari con l’ausilio di motori di ricerca o di archivi di informazioni ritenuti invece affidabili – con questi strumenti. Così potremo essere più sicuri che quello che l’applicazione ci dice sia vero, o che magari non riproduca fake news o faccia ricorso a fonti comunque non affidabili, o addirittura che non l’abbia del tutto inventato».
Il sistema è in grado di citare anche le fonti da cui estrae le informazioni?
«Sì, si può chiedere all’applicazione il risultato, ma anche di spiegare come lo ha prodotto e da quali fonti ha preso i dati. Se Chatgpt viene utilizzato per risolvere problemi logici, si può chiedere di scomporre la soluzione in vari passi, indicando come ha fatto ad arrivarci. Chi è esperto di quel dominio può riuscire a tracciare la soluzione e rendersi conto se siano stati introdotti errori. Può effettuare una sorta di prova del nove sulla veridicità della soluzione».
Cambierà di conseguenza il modo in cui si dovrà pensare all’insegnamento. Risultano superati per esempio la traduzione a casa di un testo in latino, o alcuni compiti di programmazione di base, o ancora il riassunto di temi affrontati in aula.
«Mi preoccupa la ben nota lentezza del sistema dell’istruzione, di qualsiasi ordine e grado, ad adeguarsi ai cambiamenti. Sicuramente nessun docente, anche chi insegna materie di base, potrà ignorare che esistono questi strumenti. Certo, sarà necessario attivare un sistema strutturato di supporto che possa accompagnare chi fa didattica ad adeguarsi. È ipotizzabile pensare che in aula si possa chiedere a Chatgpt, o a prodotti assimilabili, di svolgere una ricerca su un argomento, proponendo poi agli studenti di effettuare un’analisi a posteriori del risultato, distinguendo ciò che è vero da ciò che falso. Così si potranno allenare ancora di più il pensiero critico, l’elaborazione e la riflessione, tutti talenti autenticamente e unicamente umani».