Conservare i libri

di Francesca Montuschi.

Alcuni osservatori sostengono che il libro cartaceo sia destinato a scomparire in un prossimo futuro, quasi per ’cause naturali’, a seguito dell’avvento di internet, della digitalizzazione dei testi e della diffusione degli e-book. Di conseguenza, potrebbe apparire irrilevante interrogarsi sul destino dei volumi già stampati e sulla loro conservazione in luoghi fisici dove possano rimanere fruibili per sempre, e con essi la memoria anche di vita privata, prettamente personale, che essi contengono e tramandano. 

Su questo aspetto specifico (il destino del libro cartaceo) proprio Umberto Eco, nel corso di un’interessantissima conversazione con lo sceneggiatore e scrittore Jean-Claude Carrière – pubblicata nel volumetto dal titolo “Non sperate di liberarvi dei libri” – ci ha restituito un’opinione che potremmo giudicare come definitiva: “Delle due cose, l’una: o il libro resterà il supporto della lettura o ci sarà qualcosa che rassomiglierà a ciò che il libro non ha mai smesso di essere, anche prima dell’invenzione della stampa. Le variazioni intorno all’oggetto-libro non ne hanno modificato la funzione, né la sintassi, da più di cinquecento anni. Il libro è come il cucchiaio, il martello, la ruota, le forbici. Una volta che li avete inventati, non potete fare di meglio. Non potete fare un cucchiaio che sia migliore del cucchiaio. (…) Il libro ha superato le sue prove e non si vede come, per la stessa funzione, potremmo fare qualcosa di meglio. Forse evolverà nelle sue componenti, forse le sue pagine non saranno più di carta. Ma resterà quello che è”.

Dunque ha senso prendere seriamente in considerazione come tema importante quello che riguarda la conservazione fisica dei pochi (o tanti) volumi stampati che si trovano nelle nostre case. A questa aspirazione si contrappongono problemi legati agli spazi, ad abitazioni sempre più piccole e sobrie, ad abitudini di vita che cambiano. Il rischio al quale andiamo potenzialmente esponendo è di disperdere la memoria di intere generazioni di lettrici e di lettori cresciuti tra libri cartacei, quando ancora i formati di tipo digitale non erano neppure diffusi. I roghi di libri avvenuti nel corso degli anni ’40 del secolo scorso sono un fenomeno tristemente noto e ormai passato alla storia. Nondimeno anche l’incuria legata al trascorrere del tempo e la mancanza di luoghi adeguati dove ricollocare i volumi già appartenuti a familiari o amici scomparsi possono rappresentare cause importanti di ‘estinzione’.

È quindi più che opportuno avviare una riflessione collettiva: che cosa fare di questo patrimonio librario domestico? “Le istituzioni pubbliche (e tra queste sicuramente anche le Università) potrebbero dare il loro contributo attivo per individuare soluzioni” afferma il professore Roberto Balzani.  Riprendendo e attualizzando una proposta fatta alcuni anni fa dall’editore e bibliofilo piemontese Nino Aragno, nulla vieta di immaginare che in ogni città, di comune accordo tra Enti locali ed Istituzioni culturali, si possano individuare edifici ad hoc, magari donando nuova vita ai tanti spazi appartenenti al Demanio pubblico e ad oggi ampiamente inutilizzati. Lì cittadine e cittadini saprebbero di poter volontariamente far confluire il prezioso contenuto delle loro scaffalature private. Lì si potrebbero conservare, attraverso i libri che doneranno, la memoria e la storia di singole persone o di intere famiglie, dal primo avvicinarsi alla lettura fino alla piena maturità delle loro scelte. Spazi di patrimonio culturale pubblico e al tempo stesso, di memoria privata, personale, affettiva.   

 

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