“Conservare l’energia” Intervista alla Prof.ssa Catia Arbizzani
di Vito Contento
Il Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician”, tra le sue eccellenti ricerche riconosciute a livello mondiale, ha sempre annoverato un gruppo d’avanguardia che, nell’ambito della “Elettrochimica”, ha studiato e messo a punto materiali innovativi che potessero avere capacità di conduttori per poter essere impiegati come elettrodi nelle batterie.
Capostipite della scuola di questa branca della Chimica è stata la Prof.ssa Marina Mastragostino. La Prof.ssa Catia Arbizzani è sicuramente la sua più rappresentante erede, che tuttora prosegue una linea di ricerca d’avanguardia e di grande interesse mondiale: il futuro è nelle energie rinnovabili e i sistemi per accumularla sono fondamentali per poterle utilizzare ventiquattrore su ventiquattro, soprattutto applicate alla mobilità quotidiana.
Catia Arbizzani, coautrice di 122 pubblicazioni, 7 capitoli di libri, una voce nell’Enciclopedia Treccani e 2 brevetti, è professoressa associata dell’Università di Bologna dal 2014. E’ impegnata in progetti di ricerca nazionali e internazionali, collabora con diversi gruppi di ricerca universitari e la sua attività di ricerca si è svolta nel campo dei materiali per elettrodi ed elettroliti per batterie al litio e ioni di litio, per celle a combustibile e supercondensatori. Attualmente la sua ricerca è dedicata alle interfacce elettrodo / elettrolita / separatore in batterie Li-ion, Na-ion e Li / S.
Volentieri la Professoressa (socia CUBo di vecchia data) ha risposto ad alcune domande sull’argomento, lo stato dell’arte e della ricerca su come l’energia può essere accumulata (batterie).
D. Presso il Dip. Ciamician il tuo gruppo studia i sistemi di accumulo di energia, ci puoi illustrare i sistemi di accumulo su cui voi scienziati indirizzate gli studi?
R. Attualmente la ricerca in tutto il mondo è focalizzata su sistemi ad alta energia specifica e volumetrica, cioè per kg e per dm3(o L) di batteria, per soddisfare la richiesta che proviene dall’ambito dei trasporti di avere una autonomia chilometrica sempre più elevata. Inoltre, anche la potenza, sempre in termini di peso e di volume, è importante non solo per potere affrontare sorpassi e salite, ma soprattutto per poter ricaricare sempre più velocemente le batterie. Questi parametri sono meno stringenti quando si pensa ad altri utilizzi, come ad esempio in impianti stazionari dove le dimensioni e il peso della batteria hanno minore importanza non dovendo essere posizionate in uno spazio ad hoc come nell’auto elettrica, all’interno di un PC o in un cellulare. Requisiti comuni rimangono comunque elevata sicurezza e basso costo.
D. Si sente sempre parlare di batterie al litio, ci puoi spiegare perché il litio si comporta meglio di un altro metallo?
R. Qui dobbiamo andare un po’ sul tecnico. Il litio è il metallo più leggero e quello che ha il potenziale più basso di tutti gli altri elementi e nella batteria funge da anodo. Quando viene abbinato ad un catodo, che di solito ha un potenziale positivo abbastanza elevato, la differenza di potenziale tra i due elettrodi (che non è altro che il voltaggio della cella) può raggiungere valori che vanno dai 3,5 ai 4,5 V, da confrontare con il voltaggio di cella della batteria al piombo che è di 2 V. L’energia dalla batteria (formata da più celle) dipende, oltre che dalla quantità di carica accumulata, anche dal voltaggio. Quindi, per esempio, mentre una batteria al piombo può erogare 40 Wh/kg (90 Wh/L) una batteria al litio può attualmente superare i 400 Wh/kg (>1000 Wh/L).
L’unico problema dell’elettrodo di litio è che, durante il processo di ricarica della batteria, gli ioni litio, che si sono formati durante la scarica, si ridepositano sotto forma di litio metallico sull’elettrodo in modo non uniforme e omogeneo, formando protuberanze (dendriti) di litio metallico. Queste dendriti, oltre a portare a malfunzionamenti della batteria, possono anche perforare il separatore posto tra i due elettrodi e innescare cortocircuiti interni con aumenti di temperatura che possono provocare incendi ed esplosioni. Per questo motivo, nel corso degli anni ’80 il litio metallico era stato abbandonato a favore della grafite, che è in grado di inserire ioni di litio nella sua struttura ad un potenziale leggermente superiore a quello del litio metallico. Da qui la grande diffusione delle batterie agli ioni di litio (o litio ione), che non contengono litio metallico e sono quindi intrinsecamente più sicure, oltre ad avere ottime prestazioni: una batteria litio ione attualmente può fornire 300 Wh/kg (750 Wh/L). Come la grafite, è in grado di inserire all’interno della sua struttura ioni di litio durante la carica e di rilasciarli durante la scarica, così i materiali catodici rilasciano ioni litio durante la scarica e li reinseriscono durante la carica. Queste batterie sono state anche chiamate batterie “sedia a dondolo” (rocking-chair battery) riferendosi al movimento degli ioni di litio.
Tuttavia, in questi ultimi anni l’attenzione è di nuovo rivolta alle batterie al litio metallico proprio perché sono in grado di fornire energie specifiche molto più elevate.
D. Si sente parlare di polimeri conduttori da utilizzare nelle batterie, è corretto? A che punto sono gli studi?

R. I polimeri di cui si parla sono conduttori ionici e sono utilizzati come mezzo elettrolitico solido che chiude il circuito all’interno della cella. Questi polimeri contengono infatti un sale di litio che si muove verso il catodo durante la scarica della cella o verso l’anodo durante la ricarica, allo stesso modo degli ioni di litio nell’elettrolita liquido convenzionale. Sono stati introdotti alla fine degli anni ’80 nelle batterie al litio metallico per cercare di contrastare l’accrescimento delle dendriti e migliorare la sicurezza di questi sistemi. La conducibilità di questi polimeri conduttori ionici è però inferiore a quella degli elettroliti liquidi e occorre lavorare a temperature superiori a 70-80°C. Anche in questo campo gli studi sono molto attivi e ci si sta indirizzando non solo a materiali polimerici che possano lavorare a basse temperature, ma anche a materiali cristallini che potrebbero consentire la realizzazione di sistemi più sicuri. Quello che è certo è che le “lithium polymer battery” hanno un elettrolita polimerico che contiene ioni litio, le “lithium metal polymer battery (LMPB)” sono batterie con elettrolita polimerico e anodo di litio metallico e le batterie “ai polimeri di litio” non esistono!
D. Quali sono gli studi futuristici in questo campo che superano l’utilizzo del litio?
R. Sicuramente sarà difficile, se non impossibile, superare le batterie al litio dal punto di vista delle loro prestazioni, e lo dimostra il fatto che anche in ambito europeo la ricerca è orientata a nuove generazioni di batterie allo stato solido, cioè con elettrolita solido, che abbiano l’anodo di litio e un catodo come quelli utilizzati finora, ma in grado di lavorare a potenziali ancora più elevati in modo da superare il voltaggio di cella di 4,5 V.
Oppure, sempre utilizzando il litio come anodo, esistono sistemi totalmente diversi basati su catodi in grado di immagazzinare e rilasciare quantità di carica estremamente elevate. Questi sistemi sono le batterie litio/zolfo e litio/aria, che potrebbero fornire energie elevatissime. Sono sistemi molto complessi, che sono studiati in laboratori di tutto il mondo, compreso il nostro.
Poiché per certe applicazioni non è così pressante avere una elevata energia specifica e volumetrica, sono allo studio anche sistemi che utilizzano gli ioni sodio al posto degli ioni litio, traendo vantaggio dal fatto che i sistemi sono molto simili e che le conoscenze acquisite per le litio ione possono essere sfruttate anche per le sodio ione. Anche se le prestazioni sono inferiori, dal punto di vista della sostenibilità questi sistemi sembrerebbero preferibili alle litio ione. Tuttavia, i costi per kWh di una batteria sodio ione sono al momento più elevati di quelli di una batteria litio ione e anche le emissioni equivalenti di CO2 nel loro processo di produzione dalla estrazione dei metalli al prodotto finito pronto per la vendita (cradle-to-gate) sono superiori. Occorre ricordare che i costi delle batterie litio ione si sono ridotti a 1/4 negli ultimi 5 anni, la loro energia specifica è aumentata e anche la loro produzione è diventata più sostenibile. Si può pertanto prevedere un calo dei costi ed un miglioramento nelle prestazioni anche per le sodio ione.
D. Tutti sono preoccupati delle batterie esaurite, è un problema o è stato risolto con metodi di recupero dei suoi componenti metallici?

R. E’ giusto preoccuparsi per le batterie esaurite e questa preoccupazione è sentita anche dalla Comunità Europea, soprattutto ora che si sta diffondendo sempre più l’utilizzo di veicoli elettrici. Esiste una piattaforma innovativa tecnologica che si chiama Batteries Europe che, attraverso gruppi di lavoro in cui centri di ricerca e partner industriali collaborano strettamente, cerca di fornire linee guida e nuove strategie da seguire per arrivare alla realizzazione di batterie prodotte in Europa che soddisfino pienamente i requisiti di sostenibilità e sicurezza. Uno dei gruppi di lavoro si occupa appunto delle materie prime e del riciclo, temi che sono strettamente connessi. Attualmente il riciclo riguarda quasi totalmente le batterie per l’elettronica di consumo per recuperare il cobalto, ma anche il nichel e il rame vengono recuperati. Sicuramente il recupero del cobalto è il motore che guida l’economia del riciclo. Elementi meno costosi quali il manganese e il ferro, presenti in diversi tipi di batterie, non vengono presi in considerazione. Anche il litio attualmente non viene recuperato, ma ora si sta pensando di recuperare anche quello. Al momento ci sono circa 10 compagnie in Europa che si occupano del riciclo di batterie litio ione e NiMH. Un’altra proposta, che sposta solo più avanti la necessità del riciclo, è quella del secondo uso. Pacchi batteria che non sono più considerati efficienti per l’utilizzo in un veicolo (quando la loro capacità di carica si è ridotta all’80% di quella iniziale) possono essere riutilizzati in impianti stazionari. Per fare ciò ovviamente occorre conoscere la storia della batteria e se ci sono stati problemi di funzionamento. A questo proposito è allo studio una specie di “passaporto” della batteria che dovrebbe contenere tutte le informazioni relative alla sua costruzione e al funzionamento durante la sua vita. Per il monitoraggio dei parametri durante il funzionamento della batteria la ricerca è focalizzata su sensori che potranno essere inseriti all’interno di ciascuna cella del pacco batteria e forniranno dati che saranno utilizzati non solo per migliorare il funzionamento della batteria stessa ma saranno anche condivisi su una piattaforma europea dove nuovi strumenti basati sull’intelligenza artificiale e modelli fisici li utilizzeranno per ottimizzare sempre più i materiali e i disegni di cella.
D. Ci puoi spiegare il principio delle bio-fuel cells e il loro impiego?
R. Le celle a combustibile biologiche sono particolari celle nelle quali microorganismi che si trovano sull’anodo ossidano il combustibile organico che alimenta queste celle (ed anche i microorganismi) producendo energia. All’altro elettrodo viene ridotto l’ossigeno dell’aria. L’energia prodotta non è molto elevata se la si confronta con la altre tipologie di celle a combustibile, ma ci sono altri vantaggi. Queste celle lavorano a temperatura ambiente, a pH vicino a 7, e senza l’utilizzo di catalizzatori a base di metalli nobili. Il problema della bassa energia e potenza generata da queste celle ha dato origine a nuovi sistemi ibridi che risolvono parzialmente questo problema accoppiando queste celle con sistemi di accumulo quali i supercondensatori. Inoltre, utilizzando acque reflue municipali e industriali, è stata dimostrata la fattibilità delle celle a combustibile microbiche per la contemporanea degradazione di inquinanti e generazione di energia, diventando così una tecnologia alternativa per la degradazione dell’acqua con bilancio energetico zero o addirittura positivo. Alcune di queste celle possono anche essere impiegate per la desalinizzazione dell’acqua.
D. Come immagini il futuro nel campo della mobilità dell’auto elettrica? Si potrà arrivare a sistemi di accumulo veloci e molto capienti?

R. In realtà il futuro è già qui. Basti pensare che 10 anni fa la scelta di un veicolo elettrico era piuttosto limitata e i costi quasi proibitivi. Oggi ogni casa automobilistica ha uno o più modelli di auto elettrica e i costi si sono decisamente ridotti, pur rimanendo ancora elevati. Sistemi di accumulo in grado di fornire energia sufficiente a percorrere oltre 500 km e in grado di ricaricarsi velocemente esistono già e sicuramente nel prossimo futuro si potranno rendere ancora più sicuri e sostenibili. Ciò che manca ancora sono le infrastrutture per la ricarica (non tutti possiedono un garage o lavorano in un edificio dotato di colonnine di ricarica) e questo genera ancora molta ansia da parte degli utilizzatori. Inoltre, non è pensabile ricaricare le batterie con l’energia della rete, proveniente massimamente da combustibili fossili. L’energia che alimenta le colonnine di ricarica dovrà essere necessariamente energia rinnovabile, come dovrà essere rinnovabile l’energia coinvolta nei processi di produzione delle batterie (e non solo) se vogliamo veramente raggiungere elevati livelli di sostenibilità. Tutto questo non sarà pronto domani, ma è un processo di sviluppo sul quale l’Europa e tutto il mondo stanno già lavorando.