Docenti Unibo ambasciatori dell’Università a Scuola

Allo scopo di ridurre gli abbandoni e aumentare i laureati, gli interventi del Pnrr offrono un cambio di paradigma dei meccanismi di orientamento: meno marketing accademico e più attenzione ad aspetti di tipo formativo e vocazionale dei ragazzi. «Si tratta di percorsi innovativi: 15 ore rivolte a classi delle scuole superiori – spiega la prof.ssa Elena Fabbri, delegata del rettore all’orientamento in entrata e in itinere i ragazzi lavorano in gruppi, analizzano pro, contro, punti di forza e di debolezza delle loro possibili scelte universitarie. Al centro delle azioni i bisogni degli studenti».

Secondo il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea è dopo il primo anno di corso che si riscontra il più vistoso picco degli abbandoni universitari, con il 25% degli studenti che rinuncia a proseguire gli studi o che prova a cambiare corso, anche ripetutamente, non sempre con successo, e comunque accumulando scoraggianti ritardi. Altre indagini rilevano che più della metà degli studenti sceglie l’indirizzo universitario solo in prossimità della maturità, seguendo spesso mode o consigli di parenti, amici, coetanei, senza una necessaria riflessione sul tipo di impegno a cui si andrà incontro e sulla coerenza o meno di competenze, motivazioni, aspettative rispetto agli studi scelti. Le cause sono certamente molteplici; una criticità è rappresentata dal deficit nazionale riguardo ad iniziative efficaci di orientamento Scuola-Università.

Proprio per cercare di invertire la rotta, lo scorso agosto, con decreto del Ministro dell’Università, il Pnrr ha destinato 250 milioni di euro alla Missione 4 “Orientamento attivo nella transizione Scuola-Università”. Una occasione offerta al sistema universitario per praticare un cambio paradigmatico dei meccanismi di orientamento, ovvero allontanarsi dal marketing accademico e porre maggiore attenzione ad aspetti di tipo formativo e vocazionale dei ragazzi. 

«Le attività che Unibo sta svolgendo sotto l’egida del DM 934/2022 rappresentano qualcosa di profondamente innovativo rispetto al passato, che si aggiungono alle esperienze già consolidate di Alma Orienta – esordisce la prof.ssa Elena Fabbri, delegata del rettore all’orientamento in ingresso e in itinere – in questo caso si tratta di preparare e motivare gli studenti alla transizione verso l’Università intesa come sistema, e non di guidarli verso la scelta di uno specifico Ateneo».

Elena Fabbri

I nuovi percorsi sono caratterizzati da un monte ore pari a 15 ore durante l’anno scolastico e si rivolgono agli studenti degli ultimi tre anni delle superiori, con l’intento di far capire il valore della formazione universitaria, informare sull’intera gamma delle opportunità, fare esperienze di didattica disciplinare attiva, partecipativa, laboratoriale, sviluppare processi di autovalutazione, verificare il possesso delle competenze necessarie e individuare modalità per ridurre gli eventuali gap. 

Una scelta peculiare di Unibo è stata quella di far tenere le 15 ore di corso a Scuola a propri docenti e ricercatori, a loro volta formati a questo scopo con l’aiuto di colleghi del Dipartimento di Scienze dell’Educazione e del personale del Servizio Orientamento. Altri Atenei hanno optato per soluzioni diverse, utilizzando spesso esperti e formatori esterni al mondo universitario. 

«Abbiamo ritenuto utile ed appropriato elevare i nostri docenti al ruolo di promotori e ambasciatori del mondo universitario – prosegue la delegata – è stata un’ottima opportunità per declinare il tema della responsabilità sociale, che sempre deve essere in capo all’Università, e per spingere sulla dimensione del community engagement. D’altra parte si tratta certamente dei migliori interlocutori per quanto riguarda la conoscenza approfondita della condizione degli studenti universitari. Siamo noi docenti che riceviamo i ragazzi e che sappiamo quali problemi hanno, soprattutto quando si iscrivono al primo anno. Vogliamo che i ragazzi scelgano l’Università con consapevolezza, se possibile al meglio per loro e senza pentirsi in seguito».

Il decreto ministeriale segnala che le Università, le Scuole superiori e le Istituzioni Afam (Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica, ndr) devono attuare congiuntamente questi percorsi, attraverso apposite convenzioni. Per la loro buona riuscita è premiante superare la segmentazione funzionale tra livelli dell’istruzione, favorendo reti flessibili di rapporti e azioni combinate per raggiungere obiettivi comuni.

«La cosa davvero importante – conferma la delegata – è infatti poter coltivare, costruire, allenare un dialogo con tutti i territori di riferimento dell’Ateneo e favorire la mescolanza e la contaminazione tra Scuola e Università. Il progetto ha durata triennale e quindi c’è un buon potenziale di aumento per i prossimi anni. Non tutte le scuole finora hanno compreso che si tratta di qualcosa di diverso dal classico orientamento mirato a pubblicizzare i corsi di studio del proprio Ateneo.  Alcune hanno pensato che si trattasse di un ulteriore aggravio burocratico da gestire e non dell’opportunità di far interagire i docenti universitari con i loro studenti su tematiche proposte soprattutto da questi ultimi. Ci conforta molto il fatto che abbiano risposto con immediatezza gli istituti scolastici che già erano più in sintonia con Unibo per l’esistenza di rapporti pregressi, ad esempio legati alla creazione congiunta di percorsi per il conseguimento di competenze trasversali».

La modalità di interazione con i ragazzi è la parte innovativa. In buona sostanza, l’esperienza dei ragazzi all’interno di gruppi di lavoro è assimilabile a quella della messa a punto di un progetto imprenditoriale, attraverso il business model canvas, ma in questo caso applicato ad un contesto che riguarda la scelta del corso di studio.

«Una parte consistente delle 15 ore è dedicata allo svolgimento di lavori di gruppo. Vengono affrontati temi che hanno a che vedere con problematiche di questo tipo: “Io come mi penso da grande? Che cosa vorrei fare finita la scuola superiore?”. Sono poi i docenti ad indicare quali strumenti, siti web, colloqui con esperti, etc possano essere di aiuto per comprendere il percorso verso una specifica professione».

Anche l’intelligenza artificiale può essere un efficace supporto ai percorsi di orientamento degli Atenei. Ad esempio, si può pensare di fare ricorso ai cosiddetti big data per prevedere l’andamento delle iscrizioni, piuttosto che per organizzare le attività di orientamento in itinere a favore degli studenti.

«Il ragionamento che si sta facendo in Ateneo – conclude la professoressa Fabbri – è quello di utilizzare queste risorse per capire se si possa prevedere in anticipo, ad esempio da alcuni dati relativi al trend di carriera universitaria, oppure dalle risposte ad alcune domande presenti nei questionari di autovalutazione della qualità della didattica, l’emergere di una situazione di disagio e quindi poi di una successiva tendenza all’abbandono. Stiamo lavorando su dati preliminari, relativi in particolare a chi entra in Ateneo indicando più opzioni o comunque con un margine di incertezza iniziale, con un approccio pilota per capire se possano essere utilizzati come sintomi di un abbandono precoce».

Lascia un commento