Dorotea Lange, Margareth Bourke-White e Inge Morath: la fotografia tra surrealismo e reportage

La mostra Essere Umane ai Musei di San Domenico a Forlì si apre con l’intenso ritratto della madre migrante di Dorotea Lange, il cui lavoro è in antitesi a quello della contemporanea Margareth Bourke-White di cui è esposta in mostra la celebre immagine della diga di Fort Peck nel Montana scelta per il primo numero della rivista «Life» nel 1936. 

E mentre Bourke-White si fa portavoce del New Deal americano, esaltando il progresso nella crescita delle metropoli oltre oceano, Lange, con il reportage commissionatole dalla farm Security Administration, punta l’obiettivo sull’altra storia, quella degli ultimi. I suoi ritratti, densi della retorica dell’epoca ma non per questo meno significativi, denunciano la povertà dei lavoratori agricoli del Nord America, ovvero di coloro che pagano salato il prezzo del progresso. Dorotea Lange e suo marito, un economo agricolo, nel 1935 compiono un lungo viaggio tra le piantagioni della Central Valley in California per documentare gli spostamenti che in quegli anni a causa della siccità migliaia di braccianti portano avanti per trovare un impiego. Il lavoro della coppia da origine nel 1939 al volume An American Exodus: è il fotogiornalismo, in cui la fotografia di strada incontra il reportage, genere che in quegli anni si sviluppa in fretta e su larga scala anche e soprattutto grazie all’invenzione e diffusione delle macchine fotografiche come la Leica, leggere, maneggevoli e che non richiedono lunghe pause tra uno scatto e l’altro. 

An american exodus lange

Ma facciamo un passo indietro. A inizio secolo, attraverso l’attività di istituzioni come la galleria 291 fondata da Alfred Stieglitz e la rivista «Camera Work», in cui muove i primi passi Edward Weston, negli Stati Uniti si era diffusa la filosofia della Straight Photography, basata su precisi tagli geometrici e calcolati bilanciamenti tonali. L’approccio diretto alla realtà avanzato da questa filosofia bandisce ogni pittorialismo, reo di screditare le potenzialità del mezzo meccanico a favore di una volontà di imitare la pittura. Sono anni in cui la fotografia acquisisce il valore di mezzo documentario; di conseguenza la fotografia surrealista inizia a non essere vista di buon occhio perché predilige alla realtà oggettiva una realtà immaginata. 

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Tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento avviene il passaggio della fotografia dalle riviste specializzate agli spazi espositivi. La fotografia si avvia verso una definitiva consacrazione ad arte con la A maiuscola, prendendo una dimensione fisica. Resta fermo il valore di documento storico: lo slogan della rivista «Vu» recita «il testo spiega, la fotografia prova». Secondo Roland Barthes, che cosi scrive ne La camera chiara nel 1980, la fotografia è contingenza pura, è un certificato di presenza che rende il passato sicuro come il presente anche se non lo ricordiamo. Ma con Inge Morath il racconto del reale prende di nuovo una dimensione onirica, in cui ciò che è celato vale tanto quanto ciò che è mostrato, con la serie The Mask, realizzata con Saul Steinber (uno dei più importanti disegnatori dello scorso secolo). La maschera per Steinberg – che l’artista crea instancabilmente con buste di carta per il pane – non è altro che la metafora della vita stessa. La storia narra che la serie nasce per caso: Inge Morath, terza ed ultima moglie di Arthur Miller (la seconda era stata Marilyn Monroe) si reca a casa di Steinberg per ritrarlo per l’agenzia Magnum Photos e lui la accoglie indossando una delle sue maschere e, come se fosse la cosa più normale del mondo, lei parte con il primo scatto e da il via a un sodalizio lungo sette anni.

Photo credits 

Inge Morath © /Magnum Photos, Mask by Saul Steinberg © The Saul Steinberg Foundation /ARS NY

Lara De Lena

Lara De Lena

Laureata in Lettere moderne, si specializza nel 2017 in Beni storico artistici con una tesi in arte contemporanea. Dallo stesso anno collabora con il CUBo, di cui è nel direttivo dal 2021. Ha collaborato con la Pinacoteca Nazionale di Bologna, il MAMbo e ha partecipato al progetto internazionale ADM - Art Market Dictionary. È impegnata nella realizzazione dell’Archivio digitale Roberto Daolio.

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