Essenze del Contemporaneo in Provenza / Cezànne, Matisse, Chagall e Vasarely
di Claudio Musso
Un viaggio de Il CUBO, una serie di tappe, un’occasione per incontrare l’arte nei luoghi in cui è stata concepita, diventandone, a volte, simbolo e marca territoriale. Un itinerario attraverso la profumata Provence per scoprire opere uniche e “annusare” le essenze del contemporaneo.
Nel libro L’arte contemporanea Renato Barilli definisce Paul Cezànne come «il più sicuro terminus ad quo della contemporaneità». Pur essendo nato nel 1839 infatti e posizionandosi anagraficamente all’interno della generazione degli impressionisti (Monet nasce nel ’40 e Renoir nel ’41, per esempio), la pittura dell’artista di Aix-en-Provence riveste un ruolo pioneristico per molti degli sviluppi successivi nelle ricerche artistiche in Europa. Nel 1907, a un anno dalla scomparsa dell’autore, il “Salone d’Automne” a Parigi ospita la prima grande retrospettiva sull’opera di Cezànne, una mostra destinata a influenzare in modo decisivo gli artisti che di lì a poco si distingueranno come protagonisti delle cosiddette Avanguardie Storiche: da Matisse (e i Fauves) a Picasso e Braque (per il Cubismo). L’opera dell’artista è profondamente legata ai luoghi in cui è vissuto, tanto che i suoi “allontanamenti” da Parigi, avvenuti dopo aver frequentato il milieu impressionista, corrispondono quasi pedissequamente alle evoluzioni del suo stile. Se è innegabile che la sua formazione artistica, seppur non accademica, abbia debiti riconosciuti e riconoscibili in maestri quali Camille Pissarro, è altrettanto vero che lo scarto rispetto al canone impressionista è ben visibile già in opere come La casa dell’impiccato a Auvers sur-Oise (1872-1873). Tra le opere più citate e commentate dell’autore, conservata al Musèe d’Orsay di Parigi, La casa dell’impiccato a partire dalla composizione rigida, dalla presenza di “figure” solide (le case, i tetti) e, soprattutto, dalla tavolozza terrosa e spenta, segna un primo punto di svolta. Une delle citazioni più note dagli scritti di Cezànne è quella in cui afferma: «Bisogna trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva, in modo che ogni parte di un oggetto, di un piano, sia diretta verso un punto centrale». Le interpretazioni più accreditate, tra cui quella di John Rewald, leggono nelle intenzioni dell’artista la necessità di applicare alla realtà il “filtro” della geometria, il predominio dell’idea sulla percezione ottica spontanea. In effetti la pittura di Cezànne anche dal punto di vista tecnico, abbandona ben presto il dogma dell’en plein air tanto caro all’Impressionismo a favore di un periodo di realizzazione dell’opera più lungo, studiato, anzi meglio di una produzione “in studio”.

Nel tour con il Circolo CUBO abbiamo potuto visitare i luoghi della sua vita a Aix scoprendo le vie, le piazze, i locali che frequentava, le case in cui è vissuto. Nei dintorni del centro abbiamo potuto ammirare i paesaggi che hanno contraddistinto gran parte della sua produzione, dalle Rupi all’Estaque fino alla celebre Monte Saint-Victoire che diverrà uno dei soggetti prediletti. Il fulcro della visita però è stato il suo studio: una grande stanza al primo piano di un casolare immerso nella vegetazione provenzale sul versante collinare di Aix-en-Provence. Un luogo appartato, solitario e introspettivo che ricalca i tratti peculiari del carattere dell’artista, la sua propensione ad un operare metodico, la sua necessità di imporre un tempo di riflessione prolungato sul dipinto. Nello stanzone, oltre al mobilio originale e ad alcune memorie personali (lettere e schizzi autografi), si possono notare gli oggetti di lavoro come il grande cavalletto costruito per ospitare le ampie tele de Le grandi bagnanti o i frutti e gli elementi ricorrenti nelle nature morte, sia in quelle in cui il genere è soggetto primario, sia in quelle inserite in composizioni più ampie come la nota serie de I giocatori di carte.

Dalla prova quotidiana e solitaria nello studio alla sfida con il sacro, da Aix a Vence, dove si trova quello che Henri Matisse stesso non ha esitato a definire come il compimento della sua ricerca e in un testo letto alla cerimonia di inaugurazione a cui non aveva potuto prendere parte scriveva: «Questa opera ha richiesto quattro anni di lavoro esclusivo e duro, ed è il risultato della mia vita attiva. Lo considero nonostante tutte le sue imperfezioni come il mio capolavoro». L’impegno per l’ideazione e la decorazione della cappella nasce durante il periodo di degenza presso la villa «Le Rêve» (1943-49) dal rapporto con una giovane infermiera, Monique Bourgeois che diventa sua confidente e sua modella (L’idolo, Il vestito verde e Le arance) e che nel 1946 prende i voti entrando nell’ordine domenicano con il nome di Suor Jacques-Marie.
Pur delineandosi come una presenza discreta nel panorama collinare di Vence, la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire fa capolino con il suo tetto di piastrelle bianche e blu che si impone sul piccolo edificio candido e lineare. L’essenzialità e il sintetismo che pervadono tutto il progetto sono ben visibili anche in un altro elemento esterno: la croce che troneggia sulla copertura. Realizzata in ferro battuto, è alta tredici metri e “disegna” il cielo con la sua forma esile e allungata, decorata alle estremità con cornetti di lune e fiamme dorate. Caratterizzata da una pianta a due navate disposte a “L”, la cappella si sviluppa intorno all’altare – posto su una diagonale al centro dello spazio per consentire un doppio affaccio – realizzato in pietra di Gard scelta per il colore che ricorda quello del pane eucaristico. Sulle grandi pareti lattee e piastrellate compaiono esili tratti neri che descrivono le figure cristiane di San Domenico, della Madonna con Bambino, e della Via Crucis. L’apparente biancore che domina le navate è invaso dai colori puri che penetrano dalle vetrate, in particolare da quella dedicata all’Albero della vita in cui la diversa trasparenza dei singoli elementi vitrei crea giochi cromatici riflessi dalla pavimentazione.

Spostandosi a Nizza, capoluogo della Provenza, è possibile approfondire la parabola artistica e umana presso il Musée Matisse aperto nel 1963 a seguito delle donazioni dell’artista e dei suoi eredi alla città che per molto tempo lo aveva adottato come cittadino d’eccezione. Una collezione molto particolare in cui le opere dall’artista si affiancano ai principali spunti di ispirazione che hanno guidato la sua ricerca. Lo studio per Matisse non è solo uno spazio di produzione neutro, è il principale motore dell’immaginario ed è anche il primo luogo di esposizione del suo lavoro, per lui stesso o per il visitatore potenziale (amici, altri artisti e collezionisti). Gli ambienti sono spesso mobili e cangianti, possono ospitare le atmosfere esotiche, i tessuti preziosi, i calchi di sculture classiche, ciò che lo scrittore Louis Aragon chiamava «la tavolozza degli oggetti». Nelle sale e nei corridoi del museo l’allestimento ricalca queste giustapposizioni per cui gli studi sulle teste femminili che sfoceranno nella realizzazione del celebre Madame Matisse o Ritratto con riga verde (1905) sono affiancati a volti e statuette africane, così come le sue celebri texture riprodotte sulla grafica e sui tessuti (come nei paramenti per la Cappella di Vence) sono avvicinate ai drappi orientali che lui stesso collezionava.
La sosta a Nizza consente di visitare anche il Musée National Marc Chagall nato nel dalla volontà dell’artista di riunire in un unico luogo (appositamente costruito) il suo imponente lavoro sul Vecchio Testamento: il ciclo del Messaggio Biblico. La Provenza, terra natia per Cezànne e patria d’elezione per Matisse, è il luogo scelto dal russo Marc Chagall (Mark Zacharovič Šagal) nel 1949 dopo che la sua vita fu sconvolta dalla scomparsa della compagna e musa, Bella. Il ciclo pittorico è inizialmente destinato alla Cappella del Calvario di Vence, dove l’artista ormai risiede, sulle orme di Matisse, del quale ha seguito con attenzione l’edificazione della Cappella di Vence e di Picasso, che nel 1952 ha decorato la cappella romanica del priorato di Vallauris con l’opera monumentale La Guerra e la Pace. Dal progetto di Chagall prende forma l’idea di un museo che diventa il primo museo nazionale dedicato a un artista vivente inaugurato nel 1973 sotto l’egida del ministro della cultura Andrè Malraux.

Nelle ampie stanze esagonali concepite dall’architetto André Hermant in dialogo serrato con l’artista, le opere seguono una scansione rigorosa ricevendo luce naturale filtrata attraverso le coperture e aprendo una relazione con il giardino grazie alle fenditure e alle vetrate, la più grande delle quali si apre su un enorme mosaico riflesso in uno specchio d’acqua. Nelle grandi tele che raccontano le vicende del libro della Genesi e dell’Esodo come per quelle dedicate al Cantico dei Cantici è facilmente individuabile lo stile originale dell’artista. Gli sfondi lattiginosi e magmatici dai quali i soggetti e i paesaggi sembrano comparire come da una nebbia, spesso lasciando alcune parti non definite. Animali fantastici e figure ricorrenti che paiono descrivere mondi onirici e surreali come quelli che hanno contraddistinto la ricerca di Chagall, pur senza etichettarlo definitivamente in una corrente o in un movimento.
Per concludere il viaggio, riorganizzato cronologicamente in questo articolo secondo l’anno di nascita degli artisti, è necessario tornare a Aix-en-Provence per fare tappa in un luogo speciale: la Fondation Vasarely.
Victor Vasarely è certamente uno degli artisti più influenti del Novecento, seppure il suo nome non sia sempre noto al grande pubblico. Le sue idee e la sua produzione, già in vita, hanno sviluppato percorsi già in essere (arte astratta), hanno intrecciato relazioni multi disciplinari (dalla grafica alla psicologia fino all’informatica) e hanno precorso tendenze e movimenti (l’Optical Art e la Computer Art).
Lo straordinario edificio nasce e viene realizzato come un’unica grande ambientale dell’artista che trova nella proposta del luogo offerto dalla città di Aix la migliore offerta dopo circa ventanni di vagli e ricerche in altre zone della Francia. Gli architetti John Sonnier e Dominique Ronsseray sono chiamati direttamente da Vasarely per realizzare il progetto che ha concepito personalmente: l’edificio è composto di 16 esagoni uniti in un rettangolo lungo 87 metri e largo 40 metri, ciascuno di 14 metri di larghezza, da un lato all’altro. Al piano terra, sette “celle”, alte ognuna 11 metri, ospitano le quarantadue installazioni architettoniche, una sala conferenze/auditorium, una biblioteca e gli ambienti di servizio, mentre al primo piano trovano sede gli uffici e i laboratori dove l’artista ha condotto workshop e analisi fino al decesso avvenuto nel 1997. Le opere di Vasarely realizzate appositamente per la fondazione spaziano dalla pittura alla scultura, dall’arazzo al mosaico, riproducendo alcune delle più note texture ispirate ai principi della teoria della percezione, dei colori, del movimento e alle illusioni ottiche.
I luoghi:
Atelier Cezànne http://www.cezanne-en-provence.com
Chapelle du Saint-Marie du Rosaire http://chapellematisse.fr
Musée Matisse http://www.musee-matisse-nice.org
Musée Chagall http://it.musees-nationaux-alpesmaritimes.fr/chagall
Fondation Vasarely http://www.fondationvasarely.org
Per approfondire:
P. Cezànne, Lettere, (a cura di Elena Pontiggia), Abscondita, Milano 2011
M. T. Pulvenis de Séligny, Matisse, Vence. La cappella del Rosario, Jaca Book, Milano 2013
P. Provoyeur, Chagall. Il gesto e la parola. I pastelli del messaggio biblico, Jaca Book, Milano 2011
M. Holzhey, Vasarely, Taschen, Londra 2005
