Fruit Exhibition, l’editoria indipendente celebrata a Bologna

conversazione con Anna Ferraro

di Andrea Hanau

Anna Ferraro è uno dei fondatori e coordinatori della Fruit Exhibition, un festival annuale di editoria indipendente di Bologna che ha da poco concluso la sua ottava edizione.

L’ho contattata e lei ha accettato di incontrarmi davanti ad un caffè per rispondere ad alcune domande sul suo lavoro e sull’editoria indipendente.

Cos’è Fruit e come nasce?

Fruit è un festival dedicato alla pubblicazione d’arte indipendente. Ci occupiamo di contenuti visivi, per lo più cartacei ma anche digitali, che includono libri d’artista, cataloghi, progetti grafici, riviste, cartotecnica e tanto altro.

L’idea di Fruit è nata molto semplicemente. In Italia non c’era un’iniziativa del genere e così io e i miei colleghi, appassionati di grafica e di questo tipo di editoria, abbiamo pensato di crearla.

Ci è sembrata una sfida interessante perché questa tipologia di arte offre un tipo di sguardo molto libero sullo scenario delle produzioni artistiche contemporanee, uno sguardo che difficilmente trovi nelle gallerie o nei musei.

Quindi si trovano autori molto diversi fra di loro?

Si. Abbiamo sempre cercato di lavorare sull’idea di pubblicazione lasciando ampio respiro. Ho accennato alla pubblicazione digitale e cartacea ma ci occupiamo anche di storytelling, di pubblicazione sui social, di pubblicazioni video e anche di quelle sonore.

Quindi qual è l’elemento comune a tutti questi artisti?

La distribuzione, una distribuzione indipendente. Le pubblicazioni che abbiamo a Fruit non le trovi nelle librerie di catena, ma soltanto in circuiti indipendenti, quindi online o in fiere e festival, al massimo in qualche bookshop museale.

Questo è proprio il senso di Fruit: creare un rapporto diretto tra l’editore e il pubblico, in modo da creare un confronto, capire la storia che sta dietro una pubblicazione e le varie scelte – di stampa o di grafica – fatte dall’autore. Senza iniziative come la nostra questo non sarebbe possibile.

Cosa intendi con “indipendente”?

Nel caso dell’editoria, “indipendente” implica il fatto che tutte queste piccole realtà si auto-distribuiscono autonomamente. Alcuni chiedono personalmente nelle librerie, altri si appoggiano a distributori “non main-stream”, che si accontentano di una percentuale di vendite ridotta sapendo che vendono un prodotto di nicchia, che oggi c’è e domani non c’è più. In sostanza, “indipendente” significa svicolato dalle dinamiche della grande distribuzione.

Qual è il tuo ruolo in Fruit?

Fin dall’inizio io sono stata fondatore e coordinatore. Con gli anni, pur rimanendo il nucleo base molto ridotto, si sono aggiunti collaboratori e questo ha fatto sì che la mole di lavoro venisse spartita in modo gestibile, anche perché contemporaneamente facciamo tutti un altro lavoro. Quindi, per risponderti, ora sono coordinatore.

Qual è il target del festival?

Il nostro target è dai 25 ai 40, però chiaramente trovi gente di tutte le età.

Com’è strutturato il festival?

Fin da subito abbiamo pensato ad un market, in questo modo gli editori, italiani e non, vendono proprio come se fossero ad una fiera le proprie pubblicazioni. Oltre a questo, che rappresenta i cuore dell’evento. un programma di conferenze, un programma di didattica, qualche mostra e una parte di entertainment.

Quindi come è cambiato, se è cambiato, il festival negli anni?

Lo scheletro del festival è rimasto quello. Abbiamo però aggiunto qualche elemento, per esempio i focus. Ogni anno ci sono uno o due focus su argomenti che sarebbe interessante approfondire o comunque su cui c’è materiale da poter usare.

Poi negli anni sono cambiati la location e il periodo del festival. Quest’anno avevamo deciso di fissarlo per fine maggio, perché avevamo ideato tutta una serie di attività all’aperto che richiedevano la calda stagione. Poi purtroppo le cose sono andate come sono andate.

Avete cambiato la location, pur rimanendo sempre a Bologna. Quanto offre come città?

Per la mia esperienza non posso che parlarne positivamente. Il festival ha avuto un successo inaspettato, quindi a posteriori posso dire che Bologna si è rivelata una scelta vincente.

La fortuna di Bologna è che è una città ben collegata, di medie dimensioni e quindi molto gestibile per tutta una serie di questioni logistiche.

Certamente, guardandola in ottica internazionale la scelta di Bologna ci penalizza. Esclusa la fumettistica, per cui Bologna può vantare una discreta tradizione, nel settore del graphic design e dell’editoria questa città non regge il confronto con altre realtà. Pensa a città come New York, Parigi, Tokyo, Berlino e in generale tutta l’Olanda. In queste metropoli il settore dell’editoria grafica va a gonfie vele, mentre in Italia invece va a rilento, forse solo Milano e Torino possono vantare qualche risultato.

Quindi, a tuo parere, è un buon momento per l’editoria? Sia italiana che non…

Dipende da che editoria. In un’ottica generale per l’editoria non è mai un buon momento perché c’è sempre meno gente che legge e che copra.

Parlando dell’editoria indipendente d’arte, il discorso cambia. Numeri è difficile fornirli però mi sembra che questo tipo di prodotto sia cresciuto e si sia sviluppato negli anni, anche grazie alle nuove tecnologie.

Ti faccio un esempio. In questi anni c’è stato un ritorno importante delle grafiche vintage e grazie a questo i calligrafi ora stanno spopolando; ti faccio anche un nome: Luca Barcellona. Che sia per matrimoni, loghi o quant’altro, questi autori ricevono chiamate su chiamate e lavorano incessantemente. Per loro è senza dubbio un bel momento.

Come avete gestito l’emergenza sanitaria? Come ha reagito il pubblico?

In primis abbiamo deciso di mettere al sicuro la parte del market. Ci sembrava d’obbligo nei confronti di tutti gli autori che hanno lavorato un anno fornirgli ugualmente uno spazio di vendita.

Abbiamo quindi rinunciato alla modalità dei tre giorni e spalmato gli ospiti nell’arco di un mese e mezzo. In questo modo, creando appuntamenti dedicati ad un singolo editore, ciascuno di loro ha potuto ugualmente creare il proprio tavolo virtuale, gestendola come meglio credeva.

In secondo luogo abbiamo trasferito online alcuni degli incontri che avevamo già organizzato, anche se non tutti. Stesso discorso vale per l’attività didattica: le lezioni più pratiche abbiamo dovuto abbandonarle, per forza di cose.

Il pubblico fortunatamente ha reagito bene. Forse perché costretti a stare in casa, non abbiamo avvertito un calo, anzi abbiamo confermato i numeri delle scorse edizioni, niente di più niente di meno.

Il tasto dolente è che facendo tutto online abbiamo avuto sì meno spese, ma anche molte meno entrate (biglietti, proventi del bar, ecc.)

Possiamo dire che l’arte indipendente trovi da sempre nei festival e nelle fiere il suo luogo di massima espressione. Questo essere costretti a muoversi online pensi possa dare inizio a tutta una serie di nuove modalità?

Sinceramente, io mi auguro di no. Detta come va detta, lo streaming è stato un palliativo, un piano b per non mandare in fumo tutto il lavoro fatto, sia nostro che degli editori; ma non c’è paragone con la formula dellevento fisico.

La speranza è che a partire dallanno prossimo si riesca a ritornare alla forma del festival tradizionale. Questo vale nel nostro settore come in altri sempre legati al mondo dellarte, pensa alla musica. Ma perché questo accada è necessario che il Comune fornisca al più presto delle linee guida per gli organizzatori. Esempio: io devo sapere se posso scegliere una determinata location, piuttosto che unaltra, perché devo osservare tutta una serie di regole. Insomma, le istituzioni devono dare delle istruzioni.

Quali sono i progetti futuri, disposizioni permettendo?

Nell’autunno speriamo di poter portare a casa la parte didattica che non è stato possibile trasferire online e per l’anno prossimo proviamo a concludere quello che era già stato pensato per quest’anno ma che non è stato possibile attuare, cioè la bienalizzazione del festival.

Infine siamo incerta di uno spazio, ci piacerebbe espandere il nostro bookshop fino a farlo diventare una libreria. Poi il resto si vedrà.


SCHEDA: LUCA BARCELLONA, TRA LETTERING CLASSICO E STREET ART

Come si legge sul suo sito, Luca Barcellona è un “grafico e calligrafo freelance.” La sua passione per le lettere nasce negli anni ’90 grazie alla vicinanza con la cultura hip hop. “La mattina andavo a scuola di grafica, poi dipingevo un vagone in deposito, andavo a qualche concerto poi ancora a dipingere un treno” si legge in una intervista fatta all’artista nel 2019 da firenzeartiurbane.

Nel 2003 Luca fonda assieme a Rae Martini e Marco Klefisch il collettivo Rebel Ink con cui realizza esibizioni di calligrafia, writing ed illustrazione e inizia a riscuotere i primi apprezzamenti. È l’inizio di un percorso di riscoperta e innovazione della calligrafia, in cui il lettering classico viene combinato con la street art e con i graffiti.

Questo incontro tra tradizione e innovazione lo si ritrova anche necessariamente anche nel suo metodo di lavoro. “Il bello, secondo me, è capire che nessuno dei due mondi, quello digitale e il cosiddetto analogico, esclude laltro. Si hanno semplicemente nuovi strumenti a disposizione che non necessariamente vanno a soppiantare quelli vecchi,” leggiamo in una sua intervista a thecreativebrothers.

Con gli anni Luca allarga la sua clientela – risale al 2009, per esempio, l’incarico da parte del Museo nazionale di Zurigo – e contemporaneamente sviluppa una consapevolezza artistica autentica.

Quello che faccio è assolutamente consequenziale alla calligrafia del XX secolo. Cambiano il contesto e gli strumenti. Ma mi sento parte della storia della scrittura, nella misura in cui non avrei potuto dare il mio contributo senza i grandi maestri del passato, e allo stesso tempo sviluppando una mia visione contemporanea.”

Luca Barcellona oggi può vantare collaborazioni con brand di fama mondiale, tra cui Nike, Carhartt, Volvo, Mondadori, Universal, Eni.

Contemporaneamente ha iniziato anche ad insegnare calligrafia a Milano, dove vive e lavora, e sembra determinato più che mai a creare nuovi talenti in questa disciplina.

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