I volti dell’arte di Pierpaolo Campanini

Pittura, scultura e fotografia distinguono la pratica artistica di Pierpaolo Campanini (1964), artista di Cento. Osservando, ma non imitando, il mondo reale, dalla letteratura antica e moderna, dalla passione per l’arte, ha dato vita a installazioni in cui connotati scientifici e immaginari si mescolano. La pittura il medium che, per eccellenza, permette di fissare sulla tela queste esperienze antecedenti con altrettanta precisione e meticolosità. Fuori dal tempo e dallo spazio anche la natura, ricorrente nelle sue opere, che viene reinterpretata in maniera scenografica per forme e colori attraverso una ricerca pittorica estrema con l’ambizione che il quadro diventi esso stesso natura, per usare le sue parole. 

Partiamo dall’inizio. Come è nata la sua vocazione artistica?

Ho amato l’arte fin da bambino, poi una serie di eventi mi hanno portato ad iscrivermi all’Accademia delle Belle Arti di Bologna. Determinante l’incontro con Concetto Pozzati. In quegli anni ho capito che fare arte era un’attività preziosa, richiedeva impegno e sacrificio, una scelta che non poteva essere vissuta solo in maniera entusiastica. 

Pierpaolo Campanini, Untitled, 2015, olio su tela

Come ha esordito?

Dopo l’accademia per qualche anno ho continuato gli studi al Dams di Bologna e ho seguito anche i percorsi di compagni che avevano intrapreso la carriera artistica. Nel 1995 Guido Molinari, critico bolognese, mi propose una mostra in un locale in città che ospitava opere di giovani artisti, da lì le prime esperienze.

Parte della sua produzione artistica è dedicata alla realizzazione di artefatti…

Mi è sempre piaciuto costruire oggetti con le mani. Mi affascina pensare che un oggetto possa nascere anche per errore, non solo per una specifica funzione. Trovo interessante anche smontare e ricombinare le sue parti, come fosse un mutante. 

Pierpaolo Campanini, Untitled, N. cat. 3, 2001, olio su tela, cm 200×150, courtesy Francesca Kaufman

Che origine hanno questi oggetti?

Ho guardato molto alle stampe di bandiere e ai padiglioni di Basoli, alle illustrazioni di Piranesi, ad artisti contemporanei italiani e tedeschi come Tuttofuoco che realizzava oggetti brillanti, apparentemente giocosi, un misto tra sculture e architetture. In generale, mi interessano le geometrie che aprono a opzioni funzionali e disfunzionali.

Installazioni e geometrie. Pensavo a Cornice esposta in Filigrana per Art City 2020. Com’è nata quest’opera?

Cornice è un omaggio alla pittura antica che nello spazio storico di Palazzo Vizzani poteva rivivere per il tramite dell’opera moderna di Luca Bertolo, ospitata dalla cornice-portale da me prodotta. Il progetto è nato dall’intreccio di memorie, suggestioni, intersezioni fisiche e metaforiche. Il gusto per Basoli e per le architetture dipinte di Galli da Bibiena. Il ricordo di un affresco pompeiano per me prezioso. Il quadro di Bertolo, pittore che stimo, con la stessa geometria di quest’opera e che a me rimanda ad un’idea di classico. Un ponte tra un’architettura immaginata e uno spazio nobile, ricco di storia. 

Pierpaolo Campanini, Cornice per dipinto di Luca Bertolo, 2020, Filigrana, a cura di Fulvio Chimento, Palazzo Vizzani, Bologna (Foto di copertina)

Nelle sue tele ricorre l’elemento naturale, rivisitato in una chiave nuova rispetto alle rappresentazioni tradizionali.

Mi sono lasciato ispirare da molta letteratura. ‘Le parole e le cose‘ di Focault, scritti sul paesaggio di Russel Page, letture sui giardini cinesi. Nel primo testo in particolare Focault riporta di antichi scritti che narrano del rispecchiamento cosmico tra gli elementi. Le metafore, estremamente potenti, riguardano ad esempio le stelle, descritte come piante celesti in forma spirituale. Dunque l’immagine di un elemento è rafforzata dall’idea del suo doppio. Anche nei dipinti si evoca la presenza di un doppio naturale e tra l’oggetto e la sua immagine esiste un rapporto di continua necessità.

Su quali manifestazioni di natura ama concentrarsi?

Sulle forme selvatiche, sulla natura che pur vivendo in spazi ristretti sopravvive e assume connotazioni ornamentali. Per anni ho lavorato su un cespuglio di acanto del mio giardino: una pianta curiosa e generosa con foglie grandi, plastiche che vive un rapporto conflittuale con il sole: quando viene colpita dai suoi raggi soffre, assumendo forme stentate, ma interessanti e al contempo ne ha bisogno per fiorire.

Pierpaolo Campanini, Untitled, 2018, olio su tela

La sua natura si distingue per i colori accessi. Come nasce questa ricerca?

Il soggetto naturale è elemento vivo che si auto-definisce in ogni momento a differenza di un oggetto che è una forma data. Non posso quindi usare la stessa pittura, ho bisogno di maggiore contrasto. Da qui nasce l’idea di una pittura quasi disperata, spinta all’estremo, come la pianta che deve vivere in uno spazio limitato o l’acanto che ha bisogno di luce, ma al contempo soffre.

Molte delle sue opere sono untitled…

Il titolo nasce mentre lavoro sull’opera. Molti soggetti sono lo stesso oggetto ricombinato, la stessa pianta rappresentata in più tele è la rivisitazione di un’unica esplorazione. Avrei dovuto inventare storie a posteriori e isolare tanti eventi singoli, mi sembrava una forzatura. ‘La meteorite di Renazzo’ è tra le poche opere con titolo, nato insieme all’opera. Mi sono immaginato di trovare e costruire nel buio della notte forme naturali e aliene a partire dall’episodio della meteorite caduta tanti anni fa vicino a casa mia e ho creato una narrazione. 

Pierpaolo Campanini, La meteorite di Renazzo, 4 di 5 incisioni su carta

So che ha lavorato molto con l’estero. Punti di forza che apprezza?

Le gallerie da molti anni si occupano di pittura e altre arti. Da noi questo è avvenuto tardi, spesso si limita il proprio gusto alla sola pittura o la si esclude, altrove questa cesura è meno marcata. A Londra ho apprezzato che diversi artisti siano stati allievi o assistenti di altri. Lo studio dell’artista è un concetto più allargato, l’attività artistica è più strutturata rispetto al nostro contesto dove questo rapporto è vissuto in maniera più individuale. 

Menzionava la pittura che, ciclicamente, viene messa in discussione. Tutto sommato lei è rimasto fedele a questo medium. Cosa ne pensa di questa crisi che ritorna?

È l’aspetto migliore della pittura moderna, è la sua vita. Rispetto ad una pittura che si occupa solo di parlare al committente meglio una pittura alle corde che si interroga su sé stessa, è questa tensione che fa emergere diverse strategie e la tiene viva. 

Pierpaolo Campanini, Untitled, 2015/2016, olio su tela

 

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