Il coniglio nel turbante, il pubblico in Microsoft Teams
di Elena Minissale
Si è svolta il 13 ottobre presso l’Università degli Studi di Bologna un seminario SeRiC Flom a cura della ricercatrice Lucia Raggetti (dottorato di ricerca in studi arabo islamici presso l’Orientale di Napoli e ricercatrice ad Amburgo e a Berlino) che si occupa di manoscritti e filologia araba, storia delle scienze naturali e della medicina nella tradizione arabo islamica, e di trasmissione delle conoscenze tecniche e scientifiche dall’antichità fino all’età moderna. Ho seguito l’incontro online, in collegamento con altre persone, data la situazione di emergenza sanitaria in cui ci troviamo ormai da mesi. Lucia con evidente passione e sguardo vivido e orgoglioso ci racconta (mentre prova a condividere lo schermo per la presentazione) come è nata l’idea per questo argomento di ricerca. Pare che lo spunto iniziale si possa attribuire a un seminario di filosofia dello scorso semestre svoltosi per il corso di laurea specialistica in Scienze Filosofiche a Bologna. Nei mesi successivi l’argomento si è espanso e allora Lucia decide di dedicarsi alla scrittura di un progetto più ampio che riguarda direttamente lo studio delle proprietà delle sostanze naturali e la manipolazione della natura.

Il titolo della conferenza, “Il coniglio nel turbante”, si riferisce all’illusionismo e alla frode che nella tradizione islamica rappresentano un collettore tra l’antichità e la tarda antichità. Lucia Raggetti ha ampliato questo campo di studio partendo da una serie di fonti testuali che costituiscono le coordinate di questa ricerca. Alcuni testi definiscono il chi e il come e successivamente, la ricercatrice, ci offre anche spunti metodologici interdisciplinari dati da letture in cui è inciampata più o meno casualmente. Dunque, il corpus testuale della ricerca (chiedendo venia per i possibili errori per accenti mancanti sui nomi propri): Al-Iskandari (XIII sec.) Gli stratagemmi di Babilonia, Al-Iraqi (XIII sec.) Libro dei migliori fatti veri, Al-Gawbari (XIII sec.) L’antologia dello svelamento dei segreti, Al-Zarhuri (XIV-XV sec.) Il libro dei fiori dei giardini. Il momento storico da cui prende spunto la ricerca e nel quale vivono gli autori dei testi è situato intorno al sacco di Bagdad cioé a metà del tredicesimo secolo, ma anche più avanti, e le quattro opere che rappresentano le fonti primarie per la ricerca sono dei manuali tecnici. Secondo Lucia Raggetti è difficile dare una definizione univoca ai testi, per cui in webcam ci racconta degli autori come personaggi molto particolari di cui esistono pochissime notizie biografiche, molto spesso interne alla loro stessa opera per cui c’è poco più che qualche accenno cronologico al periodo in cui sono vissuti. Il primo è Al-Iskandari che dedica la sua opera al sultano, lo stesso che in Egitto, alle porte del Cairo, sconfigge l’esercito cristiano durante la quinta crociata. Al-Iskandari ritiene che sia importante avere un mecenate per figure come la sua (secondo la Raggetti era una sorta di maestro di cerimonie per l’intrattenimento a corte).

E Al-Iskandari presenta la sua opera come un compendio di tutti quei trucchi e prodigi che servono a divertire, ricordando che la sua cifra stilistica è la leggerezza: non serve dilungarsi troppo, serve una certa eleganza nella presentazione del gioco o del prestigio. I contenuti di quest’opera sono vari: dalla crittografia alla stenografia, fino agli innesti. Il secondo autore Al-Iraqi che scrive il libro de I migliori fatti veri, è un autore sicuramente più noto come alchimista e il suo manuale composto da 30 capitoli include elementi di magia pseudoplatonica, giochi di prestigio, gli inchiostri colorati, tinture per vari materiali e le proprietà occulte di diverse sostanze. Più o meno a metà del XIII secolo incontriamo poi Al-Gawbari con “L’antologia o la selezione dello svelamento dei segreti” che è forse l’opera più conosciuta ma anche quella che ha un carattere diverso in quanto monumentale galleria delle pratiche e dei trucchi di ogni sorta di truffatori, imbroglioni, imbonitori e cosi via che appartenevano alle diverse corporazioni attive nelle città del bacino del Meditarraneo e del vicino Oriente in quel periodo. Al-Gawbari conosceva questi ambienti per esperienza personale. Infatti, praticava una sorta di ricerca sul campo che lo vedeva intrattenersi in prima persona con tali personaggi in modo da vedere con i propri occhi i loro inganni e le loro truffe. Il suo atteggiamento verso i perpetuatori di questi inganni rimane piuttosto ambiguo secondo Lucia Raggetti, perché se da un lato li condanna con un tono moralizzante, dall’altro non manca di esprimere la sua meravigliata ammirazione per le loro capacità tecniche, arrivando addirittura a vantare un’amicizia personale con alcuni di questi personaggi. Al-Gawbari ci permette di dimensionare l’elemento del sovrannaturale perché quando si parla di natura l’elemento del sovrannaturale e della magia sono dietro l’angolo. Al-Gawbari non riesce mai a sviluppare un vero e proprio scetticismo rispetto al sovrannaturale perché per lui rimane una delle componenti del mondo e continua a credere che, a parte le pratiche disoneste di questi mendaci truffatori, fenomeni quali l’esistenza dei demoni, dei gin, l’apparizione dei profeti e la trasmutazione dei metalli siano concetti assolutamente reali. Semplicemente i truffatori, a suo dire, cercano di imitare questa realtà perché non ne sono degni. L’ultimo personaggio è Al-Zarhuri, che scrive “Il libro dei fiori e dei giardini”, una sorta di Francoise Villon del Medioevo del vicino Oriente arabo islamico, il poeta brigante che vestiva come uno straccione, ma frequentava assiduamente la corte mamelucca. Lui non era celebre per la sua igiene personale, ma aveva un grandissimo talento nell’improvvisazione di versi poetici e e distici salaci che contribuiva al suo successo negli ambienti di corte; viaggiava e si muoveva nei grandi centri urbani e si guadagnava da vivere con attività al margine della legalità. Tuttavia, le pratiche da lui descritte sono le più complesse e le più raffinate tra quelle attestate nelle fonti.
Questi attori hanno delle grandi aree di sovrapposizione: per esempio i trucchi con le uova (presenti in tutti i manuali), e poi tutte le loro specializzazioni. Tra le fonti accessibili alla ricerca, esistono delle cartoline coloniali dell’800 (fotografie) che ritraggono artisti di strada al Cairo che ricordano quelli, che sono argomento della ricerca, del XIII e XIV secolo. Una volta esplorate le fonti, restano da definire gli spazi fisici e i protagonisti che calcavano questi palcoscenici. Lucia Raggetti ci descrive uno scenario urbano: le città erano popolate da folle di mendicanti e di piccoli criminali che finivano spesso per avere un grande peso politico. Per esempio i mendicanti del Cairo avevano un loro rappresentante politico con cui la polizia del Cairo (XIII, XIV sec.) doveva scendere a patti perché si trattava di una folla che potenzialmente avrebbe potuto scompaginare l’ordine pubblico se non soddisfatta dalle elargizioni munifiche del sultano. Infatti, non tutta questa umanità era mendicante per necessità, alcuni lo erano per scelta, o briganti per scelta. Tutto questo gruppo era suddiviso in confraternite specializzate in varie attività: c’erano i mangiafuoco, medici di strada, ladri più o meno violenti, incantatori di serpenti, alchimisti e non solo… alcuni si occupavano di messe in scena per irretire i giovinetti e violentarli. Tutta questa variegata umanità si rifaceva al clan di Sasan, un principe persiano che dopo essere stato escluso dalla legittima linea di successione (Iran nel tardo antico), decide di andare errando per il mondo raccogliendo intorno a se un nucleo di seguaci che sono il nucleo originario del clan, una sorta di corte dei miracoli, un sottobosco umano dall’impatto sociale molto consistente. Un’altra caratteristica che queste confraternite hanno con le loro controparti è la lingua: comunicavano in una lingua segreta che era una commistione di linguaggio tecnico e di lingua dei ladri. Come gli artigiani si organizzavano in corporazioni per ogni specializzazione e anche loro si dividevano in gruppi per le loro pratiche specifiche. Il palcoscenico principale per i Sasan era quello della strada e del mercato dove i fruitori potevano sia godere dell’intrattenimento che subire la frode con altrettanta facilità. C’erano anche delle sfide tra dilettanti e professionisti che si vedevano tutte le sere alla corte dei servi di Aleppo, dove si scommetteva a soldi. Questo ci ricorda un altro aspetto importante secondo Lucia: dietro questi trucchi si nasconde spesso uno scopo lucrativo e commerciale, la vendita di un oggetto o di una medicina, o una scommessa o un estorsione. Si sente sempre un tintinnare di monete, sempre. La componente ludica non si trovava solo sulle strade, aveva un palcoscenico anche nei banchetti e nelle feste private e di corte dove la pratica di stupire e divertire gli ospiti resta tracciabile fino al XX secolo. Lucia Raggetti ci rende partecipi anche della “seconda parte” del corpus della ricerca, mostrandoci spunti di lettura che non riguardano strettamente la sua disciplina, quindi non hanno a che fare con la storia della scienza medievale, né con l’arabo in modo diretto.
Il primo è un articolo della fine degli anni ’80 di Bruno Roi, interessante medievista che connette al concetto di meraviglia ispirata dalla natura il lato ludico e giocoso della società medievale di cui molto spesso ci si dimentica. Infatti, nell’immaginario collettivo si immagina la società medievale cristallizzata nella forma di gente terrorizzata e grama, sferzata da epidemie e carestie che aveva così poco da ridere che è difficile immaginarla in circostanze di divertimento. Bruno Roi offre un interessante qualità interpretativa a questo genere di testi (i testi di cui abbiamo parlato prima) materialmente quantificabili nel grande numero di opere manoscritte: Roi dice che questi erano testi incredibilmente popolari in varie lingue e suggerisce di guardare a questi testi come kit di conoscenze da tenere a casa per l’intrattenimento domestico, ma anche per il fai da te per pratiche mediche o distillazioni.
Un altro spunto che Lucia ci offre è “Experiencing the impossibile” di Gustav Kuhn, dove la magia intesa come illusionismo è diventata oggetto specifico di studio per psicologici, neuroscienziati e filosofi. Secondo la Raggetti è interessante la discussione sulla definizione di magia con la postilla che alla fin fine, alla mente umana piace essere ingannata e gradisce molto di più stupirsi per un fenomeno piuttosto che comprenderlo. La gratificazione che arriva da queste diverse attitudini è completamente diversa: chi dice sempre la verità non filtrata risulta essere “strano”. Il terzo spunto viene da uno studio del 2015 “Practically joking” di Moira Marsh, studio monografico sia storico che contemporaneo sugli scherzi malevoli o benevoli a spese di qualcun altro. L’autrice introduce un concetto interessante: lo scherzo in cui solo una delle due parti ride. Si tratta di una mancanza di equità nello scambio di informazioni che pone le basi per questi brutti tiri. E in generale, questo è il concetto che sta alla base della frode e della truffa.
Un ulteriore spunto interessante è l’illusionismo moderno cioè la tv e una nuova generazione di illusionisti che esplorano con i loro trucchi una serie di possibilità offerte dalla medicina e dalla psicologia cognitiva. Un brillante esempio è Victor Mids, illusionista laureato in medicina. Non rivela i suoi trucchi, ma spiega le linee generali dei meccanismi cognitivi sui quali si basano. Lucia ci mostra un breve video su YouTube “Hoe veel bananen tel jij?” fondato sull’idea di misdirection: se il cervello è concentrato su qualcosa, molto probabilmente gli sfuggirà quello che c’è intorno, anche a livelli macroscopici.
Il pubblico di quei prestigi e di quelle truffe è un pubblico di cenere, di cui è rimasta solo testimonianza scritta. Il pubblico di Victor Mids (e di tutta la nuova generazione di illusionisti), è vivo ed è recettivo su trucchi che contengono la stessa matrice antica. L’audacia dell’inganno raramente entra nei libri di storia. La letteratura ne contiene, ma nei libri di storia non ci sono gli imbroglioni. La ricerca che Lucia porta avanti è concentrata sull’anacronismo, sul precursorismo e sull’interrogarsi sull’applicabilità di certi approcci interdisciplinari a fenomeni premoderni, non perché siano diversi dal punto di vista cognitivo, ma sicuramente da un punto di vista culturale. Infatti il sapiens non è cambiato da allora ad oggi. Quel che è diverso è il dover fare riferimento a un patrimonio di conoscenze condivise completamente diverso da quello in cui nuotavano gli autori e il pubblico di cui si è parlato.
Lucia Raggetti dedica l’ultima parte dell’incontro ad una veloce carrellata sugli scherzi della natura, cioé su trucchi basati sulla chimica e sulla fisica e altre manipolazioni della materia applicate a scopi ludici. In questo modo indaga le linee guida della manipolazione psicologica medievale e attuale che c’è dietro al successo di questi trucchi. L’applicabilità di ogni inganno è basata sempre su un compromesso sociale: vendere un oggetto onestamente e tentare di frodare il prossimo sono attività identiche, figlie dello stesso ingegnoso percorso di ragionamento.
