Il violoncellista Mischa Maisky al Festival Respighi
di Giovanni Neri.
Bologna ha dedicato per la prima volta un festival musicale al grande compositore Ottorino Respighi. La prima edizione della kermesse si è aperta lo scorso 16 settembre con il concerto al Teatro Auditorium Manzoni di Mischa Maisky accompagnato al pianoforte dalla figlia Lily.
Mischa Maisky è certamente una leggenda del violoncellismo mondiale ma… gli anni passano per tutti (74 anni) e il violoncello è strumento molto, molto particolare che richiede lucidità, precisione e anche sforzo fisico (anche se può non sembrare). Avevo già avuto sentore di qualche defaillance nel 2016 nel difficilissimo e famosissimo concerto di Dvořák op. 104 (Maisky Rustioni – Pomeriggi musicali Milano 15 Ottobre 2016) e purtroppo la sensazione di un declino si è confermata in un concerto dal programma ‘sfilacciato’, composto da vari brevi brani (escludendo la sonata di Šostakóvič e in parte il niosissimo brano di Respighi destinato al dimenticatoio della storia musicale) probabilmente una collezione di ‘bis’ accumulati nel tempo, ma che danno la sensazione di un programma improvvisato senza una sua propria valenza.
“Sic transit gloria mundi”. Grande rispetto quindi per un ex grandissimo, ma possiamo solo sperare che non insista come M. Pollini facendo rimpiangere gli anni più fulgidi e segua le orme di A. Brendel, appendendo lo strumento al chiodo prima che sia troppo tardi. Anche perchè l’uso dello spartito denuncia ovviamente un calo di memoria. Ma veniamo al concerto.
La seconda parte potrebbe essere denominata come una ‘ninna nanna’ vista la noiosità e ripetitività dei brani, eseguiti in sequenza senza neppure una cesura fra autori diversi. Tutti melodici, tali da mettere in luce la qualità migliore del Maisky attuale: intonazione perfetta, suono bellissimo, vibrato eccezionale ma il violoncello non è solo questo. ‘E del passato ci assalse il sovvenir…’ La cruda realtà è che il Maisky attuale è zavorrato da una figlia pianista – Lily – assolutamente non all’altezza che può al massimo eseguire semplici accompagnamenti. E la sonata di Šostakóvič non è certamente difficile. Siamo in presenza – purtroppo – di un nepotismo – peraltro comprensibile – che si protrae da molti anni e nato in parte da complesse vicende personali. La prima esibizione del duo cui ho assistito fu al Circolo della Musica di Imola, certamente prima della fine del 2013 e già allora il giudizio sulla pianista fu decisamente negativo. Non posso dimenticare un bis solistico consistente nel famoso studio op.8 n.12 di Skrjabin, tecnicamente trascendentale, che fu un vero disastro. E la carriera – se così si può definire – si è svolta in pratica unicamente all’ombra del celebre padre. Non una registrazione solistica, non un concerto con orchestra, e nessuno dei brani più famosi del repertorio violoncellistico più complesso dal punto di vista pianistico (cito ad esempio la sonata di Chopin op. 65, la seconda sonata di Brahms op. 99, l’op. 102 n. 2 di Beethoven con la sua difficile fuga etc.). Insomma una pianista per essere eufemistici poco significativa che ha ancora una volta ribadito l’assenza di uno specifico valore collocandosi sul piano di un’onesta professionalità di basso livello e nulla più. Va da sé che sono sempre pronto a ricredermi ma ci vorrebbero prove concrete e non solo il nome del padre. Naturalmente – ça va sans dire – grande successo di pubblico per il concerto ma, come sempre senza alcuna reale valutazione critica. In tempi di elezioni la cosa riprende in modo speculare le drammatiche problematiche del valore del voto. Due bis ancora soporiferi…
Articolo dal blog Kurvenal dell’autore Giovanni Neri
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