In viaggio con Nino Migliori
Definito da Gian Luca Farinelli «un bolognese pazzesco», Nino Migliori è il protagonista del lungometraggio diretto da Elisabetta Sgarbi, proiettato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma in autunno e presentato il 4 novembre scorso in Cineteca in occasione della rassegna Visioni italiane – dove è stato proiettato fino a gennaio.
Nino Migliori. Viaggio intorno alla mia stanza prende il titolo dal libro del 1794 Viaggio intorno alla mia camera di Xavier de Maistre, definito dalla regista «il libro feticcio dei mesi più difficili del Covid». Il racconto di de Maistre, che percorre in trentasei passi la sua camera zigzagando e trascinando la sua poltrona da cui non si alza, è stato usato come unità di misura: i quarantadue capitoli giorni della cattività dello scrittore francese diventano i quarantadue minuti del film, la durata di un racconto che si svolge nello spazio dell’atelier dell’artista in Via Elio Bernardi 6/A a Bologna e che ripercorre le tante tappe di una felice e lunga carriera.
Un racconto tanto intimo quanto “elettrico” della sua vita di artista, condivisa con la compagna Marina Truant, direttrice – tra le altre cose – della Fondazione a lui dedicata, nata nel 2016 allo scopo di tutelarne la produzione ma anche di incoraggiare e promuovere giovani talenti. E giovane Nino Migliori lo è ancora, a 96 anni – lui, classe 1926, che da ben oltre mezzo secolo è capace di passare con entusiasmo e curiosità dalla straight photography (si veda, tra le altre, L’architetto, del 1954, o la sua opera più famosa, Il tuffatore, nata nel 1951 quasi per caso) a una dimensione di astrazione.

Nel suo lavoro, la produzione realista (e surrealista) viaggia in parallelo con quella più sperimentale come per le sue Ossidazioni, Pirogrammi e Clichés-verres, che ne hanno fatto uno dei più interessanti protagonisti della fotografia mondiale e che gli hanno valso l’appellativo di fotografo “gestuale” perché, anche grazie all’influenza del clima da ultimo naturalismo che respira nella Bologna degli anni Cinquanta, porta il “gesto” di Wols e di Burri nel mondo meccanico della produzione fotografica, fondendo la fotografia alla pittura.
Un dualismo ben raccontato nel film dall’uso in contemporanea di due macchine fotografiche, come accade per il viaggio sulla Via Emilia o nel centro di Londra, in cui Migliori non si accontenta di fotografare gli aspetti più celebri e identificativi di un luogo ma vuole raccontare e ricreare attraverso i suoi scatti l’idea stessa del viaggio, e, più in particolare, la strada percorsa e la strada da percorrere, la memoria e il desiderio, ciò su cui lo sguardo si posa per scelta e per caso. Su questa idea – racconta Elisabetta Sgarbi – la contemplazione unisce «ciò che è davanti agli occhi del fotografo e ciò che sta dietro il fotografo, che è nella sua mente e nella sua memoria».
Il film, oltre che l’evocazione di un metodo e un trattato di tecniche fotografiche, è anche il racconto di un inseguimento amoroso tra Nino e Marina, un gioco all’interno di una giostra caleidoscopica di luci, colori e soprattutto suoni: fondamentale infatti la colonna sonora di Mirco Mariani, leader del gruppo musicale romagnolo Extraliscio – da circa due anni prodotto dalla stessa regista – e papà della giovane Gilda, che compare nel film e che è già stata presente in altri lavori della Sgarbi.
Le musiche di Mariani hanno una parte centrale di questo film. Anche in questo caso ci si è serviti del modello di de Maistre e il musicista ha lavorato nella “sua stanza” partendo da alcune fotografie di Migliori su cui ha composto, come racconta lo stesso Migliori in Cineteca «con molta libertà e immediatezza».

https://fondazioneninomigliori.org/
*Immagine di copertina: Nino Migliori, Il tuffatore, 1951 © Fondazione Nino Migliori