Incanti di un incanto

di Marco Bortolotti

Svolazzo da bancarelle in bancherozzi occhieggiando libri vecchi esposti il giovedì mattina in piazza Otto Agosto. Poi in via Galliera, sosto in ameni conversari nella libreria Docet con l’ amico Loris Rabiti, libraio antiquario di rango e studioso rossiniano.
Siamo amanti esperti; nelle librerie, foreste d’idee, nei libri vecchi, cerchiamo umori, lo spirito di chi li ha scritti, stampati, rilegati, letti, annotati. Nelle librerie di libri vecchi, rari ed antichi, non essendo collezionista, incontro libri che non cercavo, che non sapevoesistessero, imparo cose che non sapevo di non sapere. Ci sono libri che sappiamo di aver letto, di altri sappiamo l’esistenza, poi ci sono quelli che non abbiamo letto perché non sapevamo esistessero. Nelle librerie antiquarie c’è l’ignoto e nel discorrere di libri con gli amici, c’è l’attesa di una rivelazione; come se cercassimo l’ispirazione, un frammento di verità ancora nascosta e di cui nessuno si era accorto.

Benedetto Croce (1910 circa)

Einaudi e Croce frequentavano le librerie di libri vecchi dove si scopre l’inatteso e le radici del nuovo. E la rivelazione sta nell’ultimo catalogo di Loris che porta in copertina le iniziali puntate di Piero Jahier. Da p. 46 alla 59 il catalogo descrive uno straordinario complesso di manoscritti autografi, lettere, documenti di Jahier, poeta e letterato, inviso e perseguitato dal regime fascista. Sono lettere della moglie – Jahier nel Canto della sposa ha versi dolorosi per ogni donna trascurata – degli amici Ungaretti, Slataper, Boine, Cardarelli, che si confidano con l’amico negli anni della giovinezza, i soli in cui si è sinceri. Ho un debole per Jahier, ho letto e rileggo il suo capolavoro Le resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi stampato dalla Voce fiorentina nel 1915, satira e trattato imperituro ed impareggiabile della burocrazia, libro di storia amministrativa più utile di qualsivoglia storiografia accademica. Gli italianisti farannotesoro del catalogo che offre inediti del solo scrittore non tesserato da un regime che stipendiava poeti ed artisti proni e cortigiani; Jahier non portava all’occhiello la “cimice” del Pnf , cioè del partito nazionale fascista, iniziali che dai dissidenti, venivano sciolte in “per non faticare” e “per necessità familiari”. Dichiarato “sovversivo” da non promuovere, il ferroviere Jahier (abitava a Bologna in Cesare Battisti 10 e lavorava in palazzo Pizzardi) venne eletto, passata la buriana e riconosciuti quei meriti tanto singolari da renderlo inviso alla casta dei letterati compromessi, alla presidenza della Las, associazione di liberi studi, fondata nel 1946 da un gruppo di giovani laureati. I documenti della Las sono stati donati alla Biblioteca dell’Archiginnasio. Altri ancora i tesori del catalogo: al n.60 troviamo Le ventiquattr’ore dell’humana felicità, capolavorosecentesco della grafica bolognese del Mitelli che colpisce la vanità non tanto come vizio ma come piacere, gioco, poesia, musica, danza, tutte figurate insieme alla taccagneria, al furto e alla Morte. Al n. 52, l’eccezionale, emozionante manoscritto Libro dei Giustiziati dall’anno 1540 al 1796 con la descrizione minuta dei fatti, torture, impiccagione e morte di Giambattista de Rolandis e Luigi Zamboni, studenti bolognesi che con il moto da loro promosso, con manifesti e coccarde, immaginarono il Tricolore poi ufficializzato a Reggio Emilia. Il catalogo della Docet è tale di nome e di fatto; pagine che vanno anteposte alle tante che si scrivono e si leggono. Finisco in gloria con Giuseppe Pontiggia, “Beppo” per gli amici: “… sfogliare i cataloghi dedicati al Novecento offre qualcosa di più di un piacere furtivo… caleidoscopi di sorprese bibliografiche, ho imparato più dalle chiose, sobrie e sornione, dei cataloghi dei librai antiquari che dai dizionari critici”.

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