Insetti sulle nostre tavole; tra sostenibilità e resistenze
Da alcuni mesi l’Unione europea ha dato il via libera alla commercializzazione e all’utilizzo della farina di grillo nei territori europei aprendo al suo impiego in numerosi prodotti dal pane ai suoi derivati, alla pasta e altri ancora che troviamo abitualmente sulle nostre tavole. Altre otto richieste sono al momento in attesa di approvazione. Gli insetti nel piatto non sono però una novità, tutt’altro. Giovanni Burgio, entomologo e docente Alma Mater, ci spiega il perché e le potenzialità di questo novel food.
In tante parti del mondo il consumo di insetti non è per niente un fatto nuovo, anzi fa parte di tradizioni dalle radici antiche. Nei paesi africani, ad esempio, in diverse zone dell’Africa Subsahariana il consumo di insetti è parte della catena alimentare non solo per motivi emergenziali e di scarsità di cibo, ma anche per usi e costumi locali che si tramandano da popolazione a popolazione.
Questi territori non sono però gli unici a raccogliere e considerare gli insetti fonte di cibo prelibata per l’uomo. Nell’est asiatico, dalla Cina, alla Thailandia, dalla Cambogia fino al Giappone e perfino in Australia e Nuova Zelanda, gli insetti sono già parte integrante dell’alimentazione della popolazione da molti anni, per non parlare del nord, centro e sud America. Ma quali sono gli insetti considerati commestibili per l’uomo?
Su circa un milione di specie, circa 2.000 sono quelle che potenzialmente potrebbero entrare a far parte della nostra dieta. Tra questi gli ortotteri, grilli e cavallette, in alcuni casi i rincoti, i coleotteri e le larve dei lepidotteri, come le farfalle e il bruco del mopane e alcune specie di formiche in cui le operaie (replete) immagazzinano nettare nel corpo fino a diventare veri depositi di zuccheri, spiega il professor Burgio.
Secondo la Fao, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, il consumo alimentare di insetti svolgerà un ruolo di primo piano nell’affrontare le sfide future tra cui l’aumento del fabbisogno alimentare conseguente alla crescita della popolazione mondiale. Diversi studi hanno infatti dimostrato il loro apporto nutritivo, rendendoli una valida alternativa ad altre fonti alimentari, come quelle animali o ad altri prodotti derivanti da altri allevamenti zootecnici. Ma quali sostanze nutrienti racchiudono? «Gli insetti – prosegue il prof. Burgio – sono ricchi di proteine e aminoacidi essenziali, acidi grassi monoinsature e polinsaturi, vitamine e microelementi come il ferro, e al contempo la loro produzione risulta sostenibile poiché richiede un minor consumo di acqua e comporta una minore emissione di gas serra rispetto ad altri tipi di allevamenti».

Allevare insetti, tuttavia, non è esente da costi, soprattutto se si dovesse andare verso una produzione industriale, «richiede specializzazione e competenze elevate – ci mette in guardia il professore – oltre ad alti standard qualitativi per rispettare le norme igienico-sanitarie previste dai protocolli».
Gli insetti, classificati come novel food dall’Unione Europea, ovvero alimenti il cui uso non era comune prima del 1997, diventeranno davvero il cibo del futuro? «Difficile dirlo – risponde Giovanni Burgio – in larga parte del mondo occidentale il consumo di insetti scatena in molte persone percezioni di disagio anche se non dobbiamo dimenticare che, nella nostra alimentazione, accettiamo già cibi di specie che hanno una stretta parentela con gli insetti. I succulenti crostacei appartengono, come gli insetti, al phylum degli antropodi, ad esempio. Il consumo di cibo è legato a tradizioni, storia alimentare e ad una diversa considerazione e percezione degli animali; alcune carni considerate pregiate da alcune culture, da altre sono bandite».
Nel frattempo i ricettari e i manuali di cucina per far entrare gli insetti a pieno titolo nelle nostre tavole sono già in commercio. «Il modo di cucinare gli insetti è molto vario e può aiutare a superare gli ostacoli legati al loro consumo. Gli insetti possono essere essiccati, cucinati in umido, arrostiti, fritti e anche trasformati in farine e mescolati con altri ingredienti. E poi chissà – conclude l’entomologo UniBo – il loro consumo dipenderà molto anche dalle generazioni future, tradizionalmente più aperte al nuovo».
Foto copertina; immagine simbolica ciotola con insetti commestibili.