Intervista al professor Vittorio Manes

Il prof. avv. Vittorio Manes, ordinario di Diritto penale presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche UniBo, ci ha gentilmente concesso un’intervista, aprendoci le porte del suo elegante studio di via Santo Stefano a Bologna. Una piacevole chiacchierata per parlare del libro ‘Giustizia mediatica – Gli effetti perversi su diritti fondamentali e sul giusto processo‘, scritto dal giurista di origini abruzzesi ed edito dalla casa editrice Il Mulino

 

Come nasce l’idea di scrivere questo libro? 

Nasce dai processi seguiti in questi anni, dove, purtroppo, nella maggior parte dei casi l’attenzione dei media, che sia beninteso è doverosa in una democrazia, come il diritto di cronaca, il dovere di informare e di essere informati, si è convertita nel corso del tempo in una vera e propria spettacolarizzazione di alcune vicende giudiziarie. Sempre più frequente, per altro. Questo ha comportato e comporta effetti distorsivi sulla vicenda processuale e ha degli effetti perversi sui diritti fondamentali delle persone coinvolte. Prima fra tutte la presunzione di innocenza. Perché quando un determinato soggetto, magari indagato in un procedimento penale, finisce sui titoli delle prime pagine dei giornali e vede spettacolarizzata, appunto, la propria vicenda giudiziaria in una fase prodromica, molto anticipata, come quella delle indagini preliminari, nell’opinione pubblica c’è il rischio che si crei un convincimento colpevolista nei riguardi di questo soggetto. Attraverso un’esperienza autenticamente ustionante, una vera e propria discesa agli inferi, una catabasi (nel mondo greco la discesa dell’anima nell’oltretomba, ndr), dalla quale poi non farà ritorno neanche quando sarà eventualmente assolto con sentenza definitiva. Perché, purtroppo, le lesioni al suo corredo di diritti fondamentali si sono già verificate e non potranno più essere ripristinate ne risarcite.

Il caso Tortora, dunque, non ci ha insegnato nulla? 

Ma no, io separerei i giornalisti diciamo buoni da coloro che invece non hanno attenzione per determinate garanzie o diritti fondamentali. Sicuramente oggi prendere consapevolezza di quanto gravi siano queste ricadute per i soggetti che attraversano quest’esperienza ustionante, appunto, della graticola del circo mediatico giudiziario, come lo ha descritto qualcuno, dovrebbe portare i giornalisti più sensibili e attenti ad attivare tutta una serie di presidi di cautela. Tali da non dover presentare l’indagato come un colpevole in attesa di giudizio. Tali da non utilizzare toni sensazionalistici per attrarre l’attenzione ed elevare lo share. Tali da non pubblicare dati sensibili o privatissimi che nulla hanno a che fare con le indagini. Che magari vengono pubblicati solo per attivare la curiosità voyeuristica del pubblico. E per altro questo dovrebbe comportare per i giornalisti che si dimostrano maggiormente sensibili ai diritti, una maggiore autorevolezza. Perché, evidentemente, si distinguerebbero dalla cattiva informazione che spesso segue canali informali che non sono solo quelli della carta stampata, ma quelli del web e dei mille rivoli presenti nell’infosfera che voi (giornalisti, ndr) conoscete molto bene.

Enzo Tortora in manette
17 giugno 1943*

I giornalisti sono tenuti al rispetto delle leggi e delle diverse carte deontologiche, ma visto il titolo del suo libro occorre una nuova norma? 

Non esiste nessuna legge in grado di far rispettare le leggi. Questo è solo un aspetto del problema. Probabilmente il più, diciamo, visibile, macroscopico, il fatto di non ritrarre un imputato/indagato in manette attraverso determinate riprese… Diciamo che sicuramente c’è stato un mutamento di sensibilità negli anni, rispetto a questi aspetti del problema. L’approccio culturale, però, dovrebbe modificarsi in molti altri aspetti e profili che concernono la giustizia mediatica. Ripeto, già nella narrazione di una determinata vicenda, un giornalista dovrebbe per esempio avere sempre cura di sondare anche le ipotesi alternative. Di dar la parola anche alla difesa nella ricostruzione di determinati accadimenti. Di non usare toni volti a colpire, a scuotere il pubblico, creare un orizzonte di attesa colpevolista. Ecco, dovrebbe, cercare di dimostrare molto equilibrio nel porgere una determinata notizia. Questo, purtroppo, non accade sempre, ma molto di rado. 

A chi si rivolge il suo saggio?

Diciamo che il tentativo è stato quello di non indirizzarsi solo ad un circuito ristretto di addetti ai lavori e di penalisti, ma di avere una possibilità di fruibilità maggiore. Certamente è un libro che affronta anche dei problemi di carattere tecnico, ma penso, spero, che alcuni concetti fondamentali, il nucleo portante di questo  volume/saggio possano essere colti anche da chi tecnico non è. Il problema alla base di determinate derive, anche della retorica giustizialista, è un problema anche culturale. E’ un libro che vorrebbe tentare di fare comprendere come la verità narrata dai media è spesso una verità deformata. I media non sono uno specchio che riflette la realtà, ma molto spesso la distorce. A riattivare quindi una vigilanza cognitiva da parte di chi legge, senza che si prenda per oro colato quello che viene pubblicato sui giornali o rappresentato nelle tv. Insomma alimentare una maggior consapevolezza sui termini del problema. E rimuovere la passività narcotica con cui spesso vengono acquisite, recepite, passivamente appunto, alcune notizie senza quell’approccio critico che dovrebbe muovere un lettore/spettatore consapevole. 

Come l’università può aiutare nella formazione di tutti gli attori dell’informazione? 

Noi abbiamo un forte bisogno di attivare una sorta di rigenerazione culturale con i valori di fondo dello Stato di diritto e della nostra democrazia. Sicuramente l’università ha un ruolo importantissimo in questa direzione. Alimentare una cultura dei diritti fondamentali. Alimentare una cultura delle garanzie costituzionali. Detergere queste incrostazioni giustizialiste cosi diffuse. Alimentare un diverso modo di vedere le cose nei nostri studenti che saranno i futuri magistrati, futuri pubblici ministeri e futuri giornalisti è un compito estremamente importante ed urgente da parte delle scuole e delle università.

Prof. avv. Vittorio Manes

 

Foto copertina: Giustizia mediatica – Gli effetti perversi su diritti fondamentali e sul giusto processo‘ edito dalla casa editrice Il Mulino

*Il 17 giugno del 1983 il conduttore e giornalista Enzo Tortora veniva arrestato a favore di telecamere, nonostante fosse completamente innocente. Una storia divenuta il simbolo degli errori giudiziari

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