La musica del pianista Saleem Ashkar al Teatro Auditorium Manzoni di Bologna

di Giovanni Neri.

E’ la prima volta che il pianista israelo-palestinese Saleem Ashkara si esibisce a Bologna, ospite della rassegna Musica Insieme al Teatro Auditorium Manzoni. 

A cavallo tra la classicità e la modernità etnica Saleem Ashkar, non reduce dalla vincita di un importante concorso (fatto del tutto secondario, si pensi solo alla grande Yuja Wang),  ha presentato un programma che ha incluso anche moderni compositori rappresentanti della cultura nell’ambito della quale il pianista è cresciuto.

Una scelta felice valutare la quale, in termini interpretativi è difficile. Importante invece la presenza beethoveniana, la registrazione integrale delle cui sonate Ashkar ha appena concluso. Oltre alla poco frequentata e forse un po’ trascurata sonata n. 5 (che mi ha ricordato il mio compimento inferiore ben 65 anni fa!) nel programma è stata compresa la sonata op.  81 intitolata (a partire dalla sequenza iniziale sol-fa mib assonante con il tedesco Le-be-wohl) Les Adieux (interessante l’uso del francese) che porta per ogni movimento un nome (der Abschied, die Abwesenheit, das Widersehen).

L’interpretazione beethoveniana è stata di buona, non eccelsa qualità, caratterizzata da una certa rigidità esecutiva che trascura di mettere in evidenza gli aspetti cantabili a favore di un rispetto anche eccessivo delle dinamiche della partitura. Un Beethoven corretto, ma nel quale manca – per così dire – l’anima. Non è necessario indulgere in prassi interpretative fuori dallo stile compositivo del compositore di Bonn (quali ad esempio il “rubato”) ma è sempre necessaria la sottolineatura degli aspetti lirici: è proprio dei grandi interpreti ottenerla rispettando l’ambito stilistico. Con Ashkar è un po’ mancata.

Di qualità decisamente inferiore l’esecuzione dei due brani romantici. A parte la presenza non secondaria di note false, nella Kreisleriana alcuni degli otto brani sono stati snaturati. Come esempio, nel travolgente finale del terzo brano del ciclo è stata la musica ad essere travolta e nell’ultimo brano (Schnell und Spielend – caratterizzata dal ritmo puntato caro a Schumann) le semicrome – così significanti – sono state trasformate in un sorta di abbellimento, un’acciaccatura per intenderci. A questo proposito inviterei ad ascoltare alcune delle interpretazioni più famose e in particolare quella di Horowitz che proprio nel finale evita qualunque aspetto virtuosistico.

Ha concluso il programma la terza ballata di Chopin (che insieme alla prima era presente – prima della scellerata riforma dei conservatori – nei programmi di compimento medio di pianoforte, mentre la seconda e la quarta – più difficili tecnicamente – erano inserite nei programmi di diploma) ovviamente proposta solo per raccogliere un facile applauso, dal momento che la bellissima conclusione della Kreisleriana con la sua singola nota bassa non si prestava – secondo il pianista  – a entusiasmare il pubblico. Phishing for applause, non un bel segnale. Un’esecuzione – quella della ballata – di livello medio che si inquadra nell’approccio di Ashkar al repertorio romantico.  Un solo bis (un notturno del compositore polacco) per un moderato successo di pubblico.

Articolo tratto dal blog Kurvenal dell’autore Giovanni Neri

E-mail: giovanni.neri@unibo.it

Un grazie particolare alle colleghe dell’ufficio stampa Skill&Music Carla Monni e Irene Sala – Fondazione Teatro Comunale di Bologna – per le foto e il comunicato stampa. 

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