L’Ad Hemera Pharma Cristiana Vignoli ai giovani «studiate e prendete sul serio i vostri sogni»
Cristiana Vignoli si è laureata nella nostra università in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, successivamente il perfezionamento post lauream con un master in gestione dei sistemi sanitari. Nella sua lunga carriera ha ricoperto prestigiosi incarichi, tra i tanti quello di responsabile ricerca e innovazione e affari generali della nostra Fondazione Alma Mater (Fam). Oggi ricopre il ruolo di Ad di Hemera Pharma, un’innovativa azienda biotecnologica che sta sviluppando una terapia cellulare per la rigenerazione del tessuto nervoso.
Cristiana Vignoli, inoltre, può contare su una ventennale esperienza nella valutazione, direzione, sviluppo e management di progetti innovativi di trasferimento tecnologico e creazione di impresa, unita alla selezione e gestione del portfolio di investimenti in spin-off e start-up di carattere scientifico e tecnologico. E’ stata anche direttrice di G-Factor, un incubatore-acceleratore della Fondazione Golinelli, nonché senior innovation manager presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, componente del nucleo di valutazione per il trasferimento tecnologico e l’innovazione organizzativa e manageriale del consorzio Spinner. Consigliere di amministrazione di Alma Mater s.r.l. Insomma una manager di spessore grazie anche alle sue spiccate capacità di analisi e visione strategica.
La dott.ssa Vignoli ci ha concesso un’interessante intervista nella quale abbiamo avuto l’occasione di approfondire meglio il suo prestigioso percorso professionale.
Lei ricopre un ruolo apicale e molto delicato in una realtà particolarissima, ce la vuole raccontare?
«Sì, dall’anno scorso ho l’onore e il piacere di essere l’Amministratore delegato di Hemera Pharma, una giovane azienda biotecnologica specializzata in medicina rigenerativa, che sviluppa una terapia cellulare per la rigenerazione del tessuto nervoso. Hemera, nella mitologia greca è la personificazione del giorno e l’obiettivo di tutti noi è quello di dare una nuova luce a chi rischia di vivere nell’oscurità della disabilità motoria. La terapia cellulare di Hemera, infatti, si candida ad essere la prima cura al mondo per le lesioni del midollo spinale, una condizione molto grave e ancora oggi orfana di cura, che cambia drammaticamente le prospettive e la qualità di vita di chi incontra un trauma midollare. Guidare una realtà così all’avanguardia nel settore tra i più innovativi a livello globale, è una sfida straordinaria e bellissima. Un compito ambizioso e complesso, in cui sento la responsabilità e l’urgenza di dare una prospettiva di autonomia e una possibile alternativa terapeutica alle 500mila persone, che ogni anno nel mondo cadono in questa condizione, che potrebbe colpire ognuno di noi».
Quanto nella sua carriera ha contribuito essersi laureata all’Università di Bologna?
«I miei studi all’Università di Bologna sono stati fondamentali, prima la laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, poi il perfezionamento post lauream in Gestione dei sistemi sanitari, tra i primi corsi accademici in Italia con una faculty di docenti in prevalenza executive, provenienti dal mondo delle grandi aziende e della consulenza in ambito sanitario. Un percorso di grande valore per i contenuti, il network dei partner e l’opportunità di lavorare per alcuni mesi ad un progetto concreto di reingegnerizzazione dei processi del servizio trasfusionale di un grande ospedale. Per me è stata la svolta e proprio durante quell’esperienza ho messo a fuoco il mio progetto per il futuro. Supportare scienziati e ricercatori nel trasferire le loro invenzioni, nate nei laboratori dell’università, verso il mercato e la società civile, favorire la nascita di spin off o agevolare il trasferimento di conoscenze e tecnologie, dall’accademia alle aziende. E così è iniziata, 25 anni fa, la mia carriera nel trasferimento tecnologico».
Cosa consiglia ai giovani che devono intraprendere i suoi stessi studi?
«Ai giovani che amano le scienze della vita e sognano di essere gli scienziati di domani o agli imprenditori biotecnologici e farmaceutici del futuro, dico di prendere sul serio i loro sogni. Dal punto di vista delle prospettive nel mondo del lavoro, il settore life science è un ambito alla continua ricerca di talenti e competenze di innovazione. Nel mondo, il solo mercato farmaceutico supererà il valore complessivo di 1,5 trilioni di dollari nel 2023. L’Italia, che ha conquistato più volte il primato dell’export farmaceutico, oggi si caratterizza per un ampio numero di imprese. Una solida base produttiva e di risorse umane molto qualificate che rendono il nostro Paese competitivo, grazie anche alla eccellente formazione universitaria. Per chi vuole fare un’esperienza di lavoro all’estero, in particolare nel settore delle terapie cellulari e geniche, segnalo l’ecosistema Usa dell’East Coast, dove sta crescendo la ‘Cellicon Valley’, la Silicon Valley delle cellule. Nata a Philadelphia grazie alla collaborazione strategica tra università, centri di ricerca, giovani aziende biotech e fondi di investimento in capitale di rischio, per sviluppare la frontiera più avanzata della medicina personalizzata e di precisione».
La sua società sta cercando fondi per poter continuare nella ricerca, quali rischi e quali opportunità per chi vuole investire con voi?
«Hemera ha già raccolto oltre 2 milioni di euro da quando si è costituita 18 mesi fa, grazie alla fiducia di privati, business angel, aziende e family office, che hanno deciso di investire in questa nostra straordinaria iniziativa scientifica e imprenditoriale. Una nuova formula democratica di investimento che mira a raccogliere i capitali necessari da chiunque sia interessato allo sviluppo di nuove terapie per malattie fortemente invalidanti e sia alla ricerca di un investimento con uno spiccato carattere di responsabilità sociale. In Hemera prevediamo di trattare i primi pazienti con la terapia cellulare sperimentale nel 2025, per validare l’efficacia e la sicurezza nell’uomo, avendo già ottenuto risultati straordinariamente promettenti nelle fasi precliniche in vitro e in vivo. Per raggiungere questo obiettivo servono ulteriori capitali ed attualmente il fundraising continua, per produrre la terapia secondo gli standard farmacologici e ottenere le autorizzazioni delle agenzie regolatorie Ema e Aifa. Tutti gli investimenti nel settore delle biotecnologie, come Hemera, necessitano di capitali pazienti, hanno alti profili di rischio, ma altissimo potenziale e i ritorni sull’investimento, in caso di successo, sono molto più elevati rispetto agli altri settori. Per Hemera, completata la fase sperimentale clinica, si aprirà lo scenario di early exit a partire dalla fine del 2026».
Cosa vuol dire oggi essere donna e Ceo?
«Adriano Olivetti diceva che ‘un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte’. Personalmente essere Ceo di Hemera, vuol dire portare la nostra terapia cellulare al letto del paziente, nel minor tempo possibile e allo stesso tempo contribuire ad una storia di successo imprenditoriale. Il successo inteso come participio passato del verbo succedere. Far accadere le cose giuste nel momento giusto, dando forma al futuro, nel contesto di incertezza in cui navighiamo, ecco questo vuol dire oggi essere Ceo. E le donne hanno spiccati tratti identitari di resilienza, intelligenza emotiva, capacità di analisi e pensiero laterale, indispensabili per un amministratore delegato ed è anche per questo che le aziende guidate dalle donne sono più performanti. Essere donna e Ceo è un binomio oggi più frequente rispetto al passato, soprattutto in giovani imprese innovative come la nostra, ma è ancora troppo raro. Nel 2022 in Italia soltanto un’attività imprenditoriale su sei è guidata da una donna e la percentuale si dimezza se guardiamo alle 100 aziende più capitalizzate a Piazza Affari, in cui solo il 7% ha un Ceo donna. Eppure le ricerche internazionali rivelano che le startup a governance femminile hanno maggiore probabilità di ricevere investimenti rispetto a quelle di soli uomini!».