Linkedin, le 25 professioni più ricercate in Italia
Nei mesi scorsi Linked-in, piattaforma social tra le più antiche del web con 16 milioni di utenti nel 2021, ha diffuso l’elenco delle 25 professioni più ricercate in Italia la cui richiesta è cresciuta maggiormente da gennaio 2018 a luglio 2022. Ma quanto è completa e attendibile questa classifica? E’ possibile fare delle previsioni nel mercato del lavoro? Quali competenze sviluppare per avere più chances? Ne abbiamo parlato con il prof. Roberto Rizza, sociologo del lavoro dell’Università di Bologna.
Il primo posto è occupato dall’ingegnere robotico, seguito dall’ingegnere del machine learning, dal cloud architect e dall’ingegnere dei dati. Che il mercato del lavoro sia cambiato e richieda professioni nuove è chiaro. Ma come interpretare lo spaccato diffuso dal social Linkedin sul mondo del lavoro?
«Della classifica colpisce la forte richiesta di professioni caratterizzate da innovazione tecnologica. La digitalizzazione, l’automazione e la robotizzazione delle attività, d’altra parte, sono ormai un dato acquisito. Coloro che entrano in un’organizzazione oggi devono avere capacità elevate di interazione con i dispositivi tecnologici, indipendentemente dalla loro formazione, stem o non stem, anche negli ambiti più umanistici» afferma il professor Rizza. E ancora: «Non stupisce, ma colpisce positivamente che tra i primi cinque posti vi sia una figura legata alla sostenibilità. Considerando i forti squilibri in cui viviamo mi fa piacere vedere che le aziende investono in questa dimensione e, d’altra parte, tecnologia, innovazione ed economia circolare sono gli assi portanti del Pnrr».
Come suggerisce lo stesso professor Rizza la classifica Linkedin va guardata però anche con occhio critico perché intercetta un segmento molto specifico del mondo del lavoro. Il social è infatti ritagliato, sia a livello di candidati sia a livello di recruitment, soprattutto sulle esigenze e sulle richieste di un settore privato composto da imprese di medio-grandi dimensioni. Non dobbiamo dimenticare poi che, nel nostro Paese, soprattutto al centro nord, è ancora forte la presenza di piccole medie imprese che necessitano di figure tecnico-specialistiche non rappresentate dalla piattaforma e di cui c’è grande carenza.
La classifica fornisce una buona visione dell’intero panorama e alcuni spunti di riflessione sul mondo del lavoro, ma non è del tutto completa quindi. Mancano anche l’ambito della pubblica amministrazione dove la selezione avviene per bandi e concorsi, il settore dei servizi sociali ed educativi, le professioni sanitarie e socio-assistenziali, la cui carenza è stata evidente nel periodo della pandemia. In questi settori l’Italia ha livelli occupazionali più bassi se confrontato con altri stati europei, quali Francia e Germania, e di gran lunga inferiori rispetto ai paesi scandinavi dove gli standard di welfare sono elevati e che impiegano un numero di donne e uomini superiori al nostro. Manca inoltre il settore del no profit e le professioni legate al settore culturale, altro asset su cui il Pnrr investe.

E’ importante poi saper ampliare lo sguardo. «Oltre alla professione ricercata, è interessante guardare alle competenze che permettono di sopravvivere nel mercato del lavoro, indipendentemente dalla formazione e dalle caratteristiche richieste per le diverse posizioni – aggiunge Rizza – Molte professioni in ambito bancario, assicurativo e commerciale richiedono percorsi formativi diversi da quelli scientifici, così come è vero che le stesse professioni scientifiche richiedono competenze trasversali, più facilmente acquisibili in percorsi di stampo umanistico». Sono le cosiddette soft skills, più hard di quel che si pensa ormai, necessarie al di là della specializzazione acquisita, hanno a che fare con la capacità di lavorare in gruppo, la leadership, il saper comunicare e presentare progetti, il saper negoziare, oltre alla conoscenza delle lingue.
In un mercato sempre più dinamico, dunque, su quali professioni conviene investire? E’ possibile fare previsioni? Quali mestieri saranno destinati a scomparire? Quali sopravviveranno? «Fare previsioni si può e si deve, anche se l’imprevisto è la regola – afferma il sociologo – molti istituti di ricerca specializzati fanno proiezioni con metodi statistici accurati, tuttavia, è importante tenere presente che il ritmo del cambiamento è molto elevato nei settori più evoluti, mentre nell’ambito delle professioni più elementari, le turbolenze sono minori e le previsioni più attendibili. Nel dibattito internazionale si tende a mettere in evidenza che, presumibilmente, nei prossimi decenni tenderanno a scomparire le professioni routinarie quelle in cui il livello di sostituibilità con dispositivi tecnologici e robotici è maggiore, ma la larga parte delle professioni di medio-alto livello richiederanno ancora uomini e donne in carne e ossa e qui vi sarà una grande richiesta».
La domanda diventa quindi: cosa consigliare ai più giovani per entrare e riuscire a rimanere nel mercato del lavoro? Il suggerimento migliore rimane quello più antico. «Fare ciò che più appassiona innanzitutto, imparare, aggiornarsi, investire sulla propria formazione in termini di specializzazione e anche in esperienze di studio e di vita arricchenti per maturare quelle competenze trasversali che possono fare la differenza in qualsiasi professione» conclude il professor Rizza.
