L’iperrealismo di Roberto Ferri
Coloro che già conoscono l’arte di Roberto Ferri sanno che, trovandosi davanti alle sue tele, ci si ritrova come catapultati indietro nel tempo. E, sarà possibile ammirarle, ancora fino al prossimo 12 marzo, nella stupefacente retrospettiva a lui dedicata all’interno delle suggestive sale di Palazzo Pallavicini (via San Felice, 24 Bologna).
Nonostante sia molto giovane, l’artista possiede già uno stile forte e ben definito, che lo lega indissolubilmente ai grandi maestri della storia dell’arte. Uno su tutti: Caravaggio. Nato nel 1978 a Taranto, Ferri inizia a studiare pittura come autodidatta, dopo il conseguimento del diploma al Liceo Artistico ‘Lisippo’.
In seguito, si trasferisce a Roma, dove ancora oggi ha il suo studio e si iscrive all’Accademia di Belle Arti laureandosi a pieni voti nel 2006, nel corso di scenografia. Nel 2011 partecipa alla 54° Biennale di Venezia con una mostra personale presso il Museo d’Arte Sacra di Salemi, curata da Vittorio Sgarbi.
Negli anni successivi sono stati diversi i riconoscimenti che lo portano ad esporre in numerose istituzioni pubbliche e private, sia in Italia che all’estero. Nel 2021, per il 700° anniversario della morte di Dante, in collaborazione con Magnum, l’artista realizza un meraviglioso tondo raffigurante il bacio proibito e tanto agognato tra il sommo poeta e Beatrice: Il bacio di Dante e Beatrice.

Attualmente, una grande retrospettiva dell’artista è ospitata nelle sale di Palazzo Pallavicini, a Bologna. I suoi interessi artistici si concentrano fin da subito sullo studio della pittura antica, specialmente su quella che va dal Cinquecento fino alla fine dell’Ottocento. Nei suoi dipinti non è difficile ritrovare echi della pittura tipica dello stile caravaggesco, neoclassico e preraffaellita. I grandi maestri ai quali l’artista si ispira maggiormente sono proprio David, Ingres, Girodet, Géricault, Gleyre, Bouguereau e come già citato, Caravaggio.

L’influenza di quest’ultimo è talmente forte che viene definito da molti il Caravaggio della nostra epoca. La lezione che Ferri apprende da questi artisti in particolare risulta per lui di fondamentale importanza dal punto di vista tecnico, compositivo, coloristico e in buona parte anche tematico. L’artista dimostra di essere in grado di trasporre nelle tele puntuali richiami alla grande arte del passato, modificandone e arricchendone la natura più profonda con un proprio sentire visionario e onirico, creando un connubio perfetto tra realismo e simbolismo. La sua cifra caratteristica è senza dubbio l’iperrealismo: le sue figure sono così tanto fedeli al vero da essere scambiate molte volte per fotografie di nudo dagli algoritmi dei social network e censurate, quando non addirittura rimosse, di conseguenza.

La forza delle opere di Ferri, oltre all’estremo realismo, sta anche nelle tematiche: i protagonisti e le protagoniste delle sue tele molto spesso sono personaggi tratti dalla letteratura, dall’epopea classica e dalla religione cristiana. Delle tele dell’artista, ciò che colpisce ad un primo sguardo sono queste figure dai corpi nudi (o quasi) meravigliosamente perfetti: il trionfo della gioventù e della bellezza. Ad un occhio più attento non sfuggirà però l’estrema inquietudine che traspare dalle tele. Si scopre che questi corpi sono perfetti solo ad una prima occhiata: basta osservarli appena più attentamente per cogliere questo senso di strana irrequietezza che ci trasmette una sensazione di leggero disagio. Questi corpi giovani e belli in realtà possiedono qualcosa di diabolico: una sorta di appendice nasce e cresce dalla carne, come se fosse qualcosa di sconosciuto e misterioso. Sono degli inserti vegetali o meccanici, chiaramente in contrasto con la perfezione del corpo umano ritratto, che rendono il soggetto un inquietante alieno.
In Le Delizie Infrante, troviamo l’esempio perfetto: le figure, sistemate come una sorta di impalcatura scenografica, sono ibridi metà esseri umani, metà mostri diabolici. Il tallone di Achille (immagine di copertina), punto debole per antonomasia, ma non subito visibile nella storia che conosciamo tutti, si trasforma nel protagonista assoluto nella storia che Ferri vuole narrare. In questa tela, infatti, l’artista sembra aver voluto giocare con i contrari e il tallone da punto debole sembra divenire quasi un punto forte, trasformandosi in qualcosa di simile ad un arco teso in un gesto di attacco.

I soggetti delle sue opere sono sempre crudi, provocatori e ricchi di un erotismo drammatico che sa conquistare chiunque le osservi. Il gioco dei contrari si ritrova anche nel magistrale San Sebastiano, dove i dardi delle frecce che uccidono il martire diventano dei gigli, simboli incontrastati di purezza e delicatezza. Gli eroi protagonisti camminano trionfanti in un gioco di luci ed ombre degno del maestro Caravaggio. In ogni opera di Ferri, elementi onirici e perfetta riproduzione dell’anatomia umana trovano il connubio ideale.

La grande retrospettiva di Palazzo Pallavicini, dove si possono ammirare più di 60 opere tra oli e disegni, resterà aperta al pubblico fino al 12 marzo. Un invito a chi ancora non si è fatto rapire dall’arte di Roberto Ferri.