Lo sprint sonoro
La musica nello sport aiuta a isolarci, ad attenuare la fatica e concentrarci sul movimento che stiamo effettuando. Secondo la scienza, con la giusta playlist, si riesce persino a portare la performance sportiva ad un livello migliore. «Per questi motivi nelle competizioni agonistiche la musica è considerata doping, è vietata», afferma il prof. Samuele Marcora, ordinario di Scienze Motorie e Sportive presso l’Università di Bologna, nonché consulente di Asics, Coni, Federazione Ciclistica Italiana e Arsenal.
La messa al bando di ipod e cuffie musicali durante le gare internazionali ci offre un potenziale spunto di riflessione e di disamina su quali siano gli effetti della musica sulla psiche umana. La musica può influenzare la performance sportiva? Quali sono i suoi benefici? Che rapporto intercorre tra musica e sport? Cosa dice la scienza? La musica è realmente in grado di migliorare le performance sportive?
«Per molto tempo si è pensato che la prestazione di resistenza fosse limitata dalla fatica muscolare legata all’apporto di ossigeno – ci rivela il prof. Marcora -e alle scorte di glicogeno. Negli ultimi 15 anni, le ricerche hanno invece dimostrato come la percezione della fatica limiti la prestazione di resistenza prima che l’atleta raggiunga i propri limiti fisiologici. Tra i fattori che influenzano la percezione della fatica c’è la musica che può, se ottimizzata per ogni individuo, portare ad una migliore tolleranza allo sforzo fisico».
E’stato dimostrato, quindi, che la musica riduce l’intensità dello sforzo a parità di intensità fisiologica. Essa agisce sia sul piano fisico sia sul piano emozionale con profonde risonanze affettive. Intuitivamente, la musica rende potenzialmente più divertente un’attività sportiva, ancor più laddove manchi una motivazione intrinseca, ovvero quando si corre non tanto per piacere, ma per un bisogno, per esempio per mantenersi in forma. La musica ci permette di vivere un’esperienza di flusso, di flow, il corridore si proietta nel percorso e non pensa a nulla, la testa è libera, si è solo respiro, muscoli, movimenti.
«Durante un esercizio fisico, una bella canzone – prosegue il docente UniBo – a noi gradita, restringe il focus attentivo, favorisce emozioni positive con conseguente allontanamento di tensioni, rabbia e basso tono dell’umore. La musica promuove una migliore risposta ergogenica, distogliendo l’attenzione da eventi interni e spostandola verso quelli esterni al corpo. Il fenomeno è noto come dissociazione, connesso alla capacità della musica di generare emozioni, associazioni mentali dovute al passato personale di ciascuno. La musica aiuta l’atleta, prima di una gara, ad entrare in uno stato simile a quello di trance, ossia di maggiore attenzione, motivazione intrinseca, concentrazione, attivando una maggiore presa di coscienza del proprio stato interiore e delle proprie emozioni. Durante la gara, la musica si caratterizza come un metodo per aumentare la concentrazione, potenziare la performance e allontanare la fatica».

Prof. Marcora, la musica durante la pratica sportiva dà una marcia in più o presenta anche effetti negativi?
«La musica favorisce il rilascio di dopamina e la produzione di endorfine, ma il suo effetto dissociativo può rischiare di distrarre troppo l’atleta dalle sensazioni corporee e non permettergli, quindi, di regolare una adeguata strategia di marcia e di distribuzione della fatica».
Una naturale predisposizione degli esseri umani è quella di rispondere alle qualità ritmiche della musica: il ritmo musicale è in grado di replicare i ritmi naturali di ogni movimento. Professore, dunque, questa tendenza porta alla sincronizzazione tra tempo musicale e schemi di movimento di un atleta?
«Nelle attività cicliche, per esempio ciclismo e podismo, è noto il “rhythm response”. La sincronizzazione dei movimenti con la musica può permettere agli atleti di prolungare le prestazioni, regolare i movimenti, rendendo le performance più efficienti e resistenti, ed ha anche un enorme effetto motivazionale. In ambito pratico, infatti, i trainer suggeriscono una scelta di brani musicali in base all’attività proposta, al risultato desiderato. In fase di riscaldamento occorre una musica lenta, che non consumi energie mentali con ritmi troppo incalzanti (deve rimanere tra i 70 e i 100 bpm, o battiti per minuto), ma che al contempo sia in grado di ispirare l’atleta. All’inizio dell’allenamento vero e proprio i brani sono pensati per restare sullo sfondo, senza attirare l’attenzione dell’atleta sul tempo del pezzo, che andrebbe sincronizzato non con la velocità di esecuzione dell’esercizio ma con la frequenza cardiaca (fino a 120 battiti). Entrati nel vivo del carico, la musica diventa un modo importante per regolare lo sforzo e mantenere costante il ritmo dell’esercizio (120 – 150 battiti)».
Una recente ricerca condotta su più di 30.000 brani presenti su Spotify ha rivelato che le canzoni più ascoltate dai runner stanno tra 120-140 bpm e che nella top 10 figurano diverse canzoni dei Queen, tra cui Dont’t stop me now. Ho una curiosità, lei professore che musica ascolta quando corre?
«Confermo (ride,nda) che i ricercatori non spengono mai il cervello. Generalmente ascolto il quarto canale della Bbc e un interessante podcast sull’alimentazione: Sigma Nutrition».
