Modena, niente di antico sotto il sole di Luigi Ghirri

A Palazzo Santa Margherita, una delle sedi di Fondazione Modena Arti Visive, è in corso una mostra su Luigi Ghirri. L’ennesima, si potrà pensare. E invece vedere questo artista non stanca mai, proprio come insegnava a fare lui con le cose del mondo.

I grandi artisti del Novecento che esprimono pensieri al passo con la propria opera non sono molti. Boccioni, per esempio, ma Picasso no, molto meno teorico e, per la verità, anche meno loquace del collega italiano. In anni più vicini è invece il caso di Luigi Ghirri (1943-1992), tra i maggiori fotografi italiani di sempre e anche ottimo critico e letterato. 

Per la verità in lui l’attività artistica e letteraria non soltanto si affiancano, ma addirittura raddoppiano, specchiandosi a lungo nel lavoro dell’amico scrittore Gianni Celati (1937-2022), con cui condivide molti progetti. Uno dei primi motivi per visitare la mostra Luigi Ghirri e Modena. Un viaggio a ritroso, aperta fino al 20 novembre e curata da Daniele De Luigi, è quindi proprio quello di ricordarsi degli sguardi urbani di Ghirri e Celati, a trent’anni dalla morte del primo e nell’anno della scomparsa del secondo.

L. Ghirri, Capri, 1981, Comune di Modena, Collezione Galleria Civica – Fmav Fondazione Modena Arti Visive, © Eredi Luigi Ghirri

In uno dei primi scritti usciti a commento delle sue opere, Ghirri dice che gli interessa soprattutto il paesaggio cittadino perché è quello che vive ogni giorno. Sembrerebbe un pensiero scontato; eppure è proprio il quotidiano a sfuggirci più facilmente, soprattutto in un tempo come il nostro, preso da mille impegni e connessioni tanto che rischiamo di non mettere mai a fuoco quel che ci accade mentre ci accade. La poetica del “perenne immutabile”, ma sempre accompagnato dal “desiderio del miracoloso” (sono parole di Ghirri) si trova in tutti i racconti di Celati almeno dagli anni Ottanta in poi, soprattutto in quelli in cui si osserva la vita nebbiosa e sempre un po’ uguale della pianura padana. Come nella novella di Cinema naturale che si chiude col sogno di una metropoli tutta coperta di polvere bianca, in cui gli abitanti non riconoscono più casa propria, sbagliano porta e per un po’ vivono con un’altra moglie o con un altro marito. 

Anche nello sguardo fotografico di Ghirri ricorre questo poggiarsi su cose inconsistenti, che però hanno una sorta di duplice strato. Non si tratta di testimoniare la banale quotidianità sperando che l’obiettivo la riscatti. Ghirri, lo scrive lui stesso, lavora spesso su una realtà statica e da “cartolina”, come le foto delle piazze italiane più famose che si trovavano nei vagoni dei treni, sovrapponendole una realtà ordinaria ma vista come di sfuggita da un finestrino. Da queste attente ricomposizioni emerge quel senso di malinconia sempre un po’ sospesa, ma anche ironica dei paesaggi ghirriani. E la città, con le sue strane quinte e con le sue consuete stratificazioni di immagini naturali e artificiali, è lo scenario ideale per questi scatti. Si pensi a Capri (1981), tra le foto più celebri, non per nulla l’immagine di copertina della mostra. Cosa guarda la donna di spalle, un paesaggio o uno strano cartellone pubblicitario? E il fatto che il panorama appaia incorniciato in basso da un pezzo di cemento lo rende meno autorizzato a fungere da panorama?

L. Ghirri, Modena, Palazzo Carandini, 1979, Comune di Modena, Collezione Galleria Civica – Fmav Fondazione Modena Arti Visive, © Eredi Luigi Ghirri

Un altro valido motivo per visitare la mostra è proprio il rapporto di Ghirri con Modena, città in cui ha vissuto e dove è cresciuto culturalmente. A Modena Ghirri sembra affinare lo sguardo sulla realtà urbana anche grazie alle foto delle architetture di Aldo Rossi, che interpretano alla perfezione la lieve stranezza introdotta nello spazio cittadino da edifici come il Cimitero di San Cataldo. Da un lato sono proprio i volumi rosa e celesti di Rossi a star sempre sulla soglia di qualcosa, tra gli “spazi dimenticati della storia” ma in “singolare simbiosi con il cielo”. Dall’altro è l’occhio di Ghirri a valorizzare questa condizione, cogliendoli spesso da lontano per farne una specie di giocattolo in mezzo alle erbacce di strada.

Questa curiosa miniaturizzazione, del resto, sembra appartenere già in partenza ai contesti cittadini, dove tutto è affastellato e si ha la sensazione, anche grazie alle odierne mappe, di poter vedere tutte le cose contemporaneamente, o almeno molte di loro. E ciò è così vero che per Ghirri il paesaggio urbano ideale forse è quello dell’Italia in Miniatura, luogo in cui il cliché riesce paradossalmente a darci la meraviglia che gli scorci e i monumenti d’origine, presi d’assalto dal turismo di massa, non sanno più offrire. Un’idea simile sembra all’opera anche nella serie Versailles (1985), dove anche un luogo così connotato, se colto dall’alto e da lontano, pare una strana e sognante Francia in Miniatura.

Un ultimo motivo per vedere Luigi Ghirri e Modena è il volume da cui ho tratto i pensieri del fotografo che ho riportato in quest’articolo. La raccolta di scritti e interviste Niente di antico sotto il sole (2021) ha idealmente aperto quest’anno ghirriano ed è una delle guide migliori per capire perché il sole di Ghirri non ci stanca mai.

L. Ghirri, Case Iacp per la Provincia di Roma di Paolo Portoghesi, 1985, Comune di Modena, Collezione Galleria Civica – Fmav Fondazione Modena Arti Visive, © Eredi Luigi Ghirri

 

Foto copertina; Luigi Ghirri, Versailles, 1985, Fondazione di Modena – FMAV Fondazione Modena Arti Visive, © Eredi Luigi Ghirri  

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