Ravenna: Mario Angelo Neve
di Francesca Sibilla.
Geografia, relazioni e territorio: intervista a Mario Angelo Neve, il nuovo presidente del Campus di Ravenna. Il 14 gennaio scorso si sono concluse le elezioni dei presidenti delle quattro sedi universitarie della Romagna per il prossimo triennio, che hanno visto l’elezione del prof. Mario Angelo Neve, ordinario del Dipartimento di Beni Culturali, nella sede di Ravenna.
Come gli altri Campus, anche questa sede, è caratterizzata da una forte specializzazione negli studi e nelle aree di ricerca legate alle scienze e alle tecnologie ambientali, al patrimonio culturale, alle scienze infermieristiche, in linea con le vocazioni e le peculiarità di questo territorio. La realtà universitaria è vivace, profondamente radicata e integrata in una città ricca di storia, cultura e arte che offre un ambiente sereno e intellettualmente stimolante per vivere e studiare. Partendo dalle motivazioni che hanno spinto il prof. Neve a candidarsi per questo importante ruolo, conosciamo i punti di forza dell’insediamento universitario ravennate, le sfide e le opportunità che caratterizzeranno il suo nuovo mandato.
Quali motivazioni l’hanno portata a candidarsi e quali caratteristiche possono avere favorito la sua elezione?
“La candidatura a presidente di Campus è stata una mia scelta di concerto con il mio Dipartimento. Il legame con la sede di Ravenna è da sempre molto forte, tutta la mia carriera si è giocata qui e il dipartimento da cui provengo, Beni Culturali, è uno dei primi insieme a Scienze Ambientali che si è insediato. Il desiderio di contribuire in maniera attiva alla gestione della sede ravennate, non più solo dal punto di vista della didattica e della ricerca, ma anche dal punto di vista del coordinamento istituzionale era forte ed è maturato nel tempo. Sul perché mi abbiano votato non saprei… ero l’unico candidato, mettiamola così!“

Lei è un geografo; in che modo la geografia può aiutare a valorizzare un territorio come quello su cui insiste una sede universitaria?
“Ogni territorio è caratterizzato da una sua dimensione geografica e da una dimensione storica che lo condizionano moltissimo nei suoi punti di forza e di debolezza. La geografia è essenziale per la sua piena comprensione e valorizzazione, anche se, insieme alla storia, è una delle materie più bistrattate nei percorsi formativi. Negli ultimi vent’anni si è accentuato molto l’aspetto manageriale, sempre più spesso si parla di gestione del territorio, gli stessi enti territoriali vengono visti alla stregua di aziende che devono organizzare, gestire, ma non funziona in questo modo. Il territorio si compone di elementi naturali, di persone, infrastrutture e servizi ecc. Si tratta di un insieme di processi molto complessi. Ad esempio la condizione di fragilità idrogeologica di un territorio blocca i trasporti, interrompe le infrastrutture, crea problemi alle residenze e tutto questo dipende dalla storia di quel territorio e dal modo in cui si è andato via via configurando e da come è stato (o non) curato. La storia e la geografia possono effettivamente dare una visione più completa di quelli che sono i rapporti tra le diverse componenti che influenzano il modo in cui il territorio evolve, diversamente saremmo in preda ad una visione tecnocratica sempre molto parziale, mentre per affrontare le sfide locali è necessario andare al di là dei nostri confini e avere una visione globale della problematica”.
A proposito di territorio, il suo accento non mi sembra strettamente romagnolo…
“Sono salentino di origine, ma tutta la famiglia paterna è romana. Ho studiato Scienze Politiche a L’Orientale di Napoli, poi mi sono trasferito a Bologna mentre frequentavo il dottorato di ricerca: un dottorato congiunto tra 4 atenei con sede a Firenze, Pisa, Torino e Genova. Sono approdato a Bologna a metà degli anni ’80. Allora non c’erano come oggi percorsi di post dottorato, assegni di ricerca ecc., si passava direttamente al ruolo di ricercatore e in quegli anni le assunzioni per la carriera accademica erano bloccate. Quindi partecipai all’ultimo concorso (senza cattedre) per le scuole medie superiori in Emilia Romagna, e in seguito mi venne assegnata una cattedra in provincia di Modena. Bologna mi aveva attirato a dir la verità da diversi anni, tanto che mentre svolgevo la mia tesi avevo rapporti con l’ateneo, in particolare con Franco Farinelli, che mi ha realmente fatto comprendere le possibilità della geografia. Durante gli anni dell’insegnamento ho mantenuto attivi i contatti con l’università fino a quando non ho vinto il concorso come ricercatore a Ravenna. Dal 2000 ormai sono 22 anni che abito in Romagna. A Ravenna ho vissuto 5 anni, poi sono passato a Bertinoro facendo il pendolare verso la sede ravennate e dal 2014 vivo a Rimini. Certamente si può dire che la mia vita è stata caratterizzata da molti territori”.

Dal 2000 insegna quindi a Ravenna. Punti di forza e di debolezza del campus?
“I punti di forza? Le scelte fatte in questi anni hanno reso l’offerta formativa estremamente attraente: i corsi sono stati sempre più ridisegnati e calibrati rispetto all’esperienza e alle esigenze, ci sono percorsi magistrali di estremo interesse che continuano a migliorare. Questo ha permesso alla sede di Ravenna di crescere molto, nonostante, rispetto agli altri tre campus, vi sia un evidente svantaggio in termini di trasporti, Ravenna infatti non si trova sulla via Emilia e questo rende più difficile raggiungerla. Altri elementi apprezzabili sono la continua ricerca di un rapporto con la città e l’internazionalizzazione. Su quest’ultimo aspetto i numeri parlano da soli e anche le risposte degli studenti europei ed extraeuropei da cui abbiamo avuto riscontri molto positivi quanto a didattica, iniziative, possibilità di scambio. Punti di attenzione: trasporti e spazi. Dei trasporti ho già detto. Sugli spazi, il nome campus è in parte ingannevole: evoca l’idea di cittadella all’americana al di fuori della città, ma in realtà al momento abbiamo sedi diffuse. In un certo senso questa dislocazione spaziale può avere anche aspetti positivi nel senso che permette di avere più poli di integrazione nel tessuto cittadino però purtroppo sono spazi non adeguati rispetto alla domanda e alle esigenze anche in termini di servizi, alloggi ecc.”
Qual è la sua idea di campus e come pensa di lavorare per realizzarla?
“Mi sono insediato da poco e devo costruirmi una visione complessiva, ma ho la conoscenza di una persona che lavora qui da vent’anni. Operativamente ho già svolto incontri nelle diverse sedi per conoscere meglio e approfondire i tanti contesti. Nel primo consiglio saranno nominati anche referenti specifici che raccoglieranno le informazioni su elementi e aspetti della vita nel campus in modo da poter programmare azioni e priorità”.

A che punto siamo nel dialogo tra l’università e la città?
“I rapporti sono buoni e sono stati creati negli anni, li vorremmo ampliare così come vorremmo ampliare la nostra presenza e coinvolgere maggiormente la città per far capire che l’università è un valore per la cittadinanza. La municipalità e altre parti sociali e istituzionali, quali la Camera di Commercio, Confindustria ecc. hanno manifestato il desiderio di incontrarci per proseguire le collaborazioni fin qui sviluppate e farle evolvere”.
Nuovo rettore, nuova governance, nuove prospettive con il Pnrr. Il ruolo dei campus in questa partita?
“Non abbiamo ancora i dati precisi, c’è un comitato specifico sul Pnrr in ateneo che sta lavorando su questo fronte con varie commissioni. Il Pnrr fornisce risorse aggiuntive che certamente possono essere investite sul fronte degli spazi che a noi stanno particolarmente a cuore, ad esempio. L’argomento è centrale ed attuale in questa fase storica, lo dovremo affrontare con il Magnifico rettore e la nuova governance per capire quali sono le effettivamente le esigenze delle strutture e le risorse disponibili”.
L’esperienza come direttore di Labirinto – LABoratorio InteRdisciplINare citTà-paesaggiO quale valore aggiunto può portare rispetto al suo nuovo ruolo?
“Labirinto è un’unità di laboratorio che lavora su progetti relativi a città e paesaggio, uno di questi è il progetto Interreg che riguarda i flussi turistici nei piccoli centri in Europa, problematica che paradossalmente ha avuto ancora più spinta da quando è iniziata la pandemia: il turismo verso i grandi centri è stato penalizzato, mentre ha avuto più risonanza quello verso i piccoli e medi centri urbani o le aree rurali. Un’esperienza importante che ci ha permesso di accedere a numerosi rapporti con enti territoriali italiani stranieri, questo è, e sarà, sicuramente un valore aggiunto anche rispetto al nuovo ruolo di presidente”.
Il tema dei flussi ritorna, a proposito di spostamenti anche personali, come si vive in Romagna?
“Per un salentino mezzo romano come me, la Romagna è l’ideale. Intanto sono riuscito a tornare vicino al mare e questo per me era importante, venendo dal Salento e dopo l’esperienza di studi a Napoli era un elemento che mi mancava. La Romagna è un luogo piacevole e accogliente in cui stare, si vive in maniera equilibrata. In Salento ritorno d’estate a trovare parenti e amici. Sono di Grottaglie in provincia di Taranto, che è Salento perché, per stare in tema di storia e geografia, quando il fascismo ridisegnò le province, Grottaglie, che era nella zona di Lecce, venne assegnata a Taranto, ma l’area è sempre quella salentina e anche il dialetto di base è leccese”.
Ora ci piacerebbe conoscerla un po’ meglio. Quali sono le sue passioni?
“Sono di una generazione che ama leggere molto. Quando posso mi piace vedere mostre d’arte senza preclusioni anche se ho le mie preferenze. In generale sono una persona molto curiosa. Mi piace fare musica, suono per passione pianoforte e chitarra seppure solo a livello amatoriale, ma il tempo che rimane è molto poco e con il ruolo di presidente ne avrò ancora meno”.

Conosceva l’associazione Cubo? Suggerimenti per crescere nel campus di Ravenna?
“Si, la conosco, sono stato anche socio per alcuni anni e ho fruito di alcune convenzioni legate ad attività sportive. Rispetto a queste ultime per quello che ho potuto vedere in questi anni a Forlì andrebbe potenziato il binomio trekking/escursioni – conoscenza del paesaggio. Questa è una linea che il Cubo potrebbe sviluppare nei campus ovvero l’accoppiamento di un’attività sportiva con una ricreativa – culturale: è divertente, arricchisce oltre ad essere a basso costo. In ateneo abbiamo peraltro colleghi bravissimi che si occupano di geologia, botanica…ecc. Questa era una delle passioni di Lucio Gambi, noto geografo del nostro ateneo ed esperto dei paesaggi appenninici. Ricordo che Gambi, prima di tenere una conferenza, andava in Appennino con lo zaino in spalla per ripassare! Un altro accoppiamento interessante è bici-trekking sfruttando la rete ferroviaria per gli spostamenti. Insomma le combinazioni utili e piacevoli possono essere davvero tante, basta solo un po’ di fantasia”.
Per concludere…è all’inizio del suo mandato: ha un sogno nel cassetto?
“Mi piacerebbe mettere in piedi un’orchestra di campus. A differenza di altre attività artistiche fare musica insieme crea coesione e aiuta a sviluppare spirito di corpo. Se il Cubo come associazione volesse darmi una mano ve ne sarei grato!”