Torna la XXI edizione del festival Gender Bender

Gender Bender è il festival multidisciplinare che da oltre 20 anni presenta a Bologna gli immaginari prodotti dalla cultura contemporanea  internazionale, legati alle nuove rappresentazioni e relazioni generate dall’espressione dei corpi, dalle differenze di genere e dagli orientamenti sessuali. La 21° edizione prevede 80 appuntamenti su 14 spazi della città con danza, cinema, letteratura, laboratori, fotografia e party.

A Bologna scocca l’ora della 21esima edizione di Gender Bender, il festival che ospita ogni anno  artiste e artisti da tutto il mondo per esplorare gli immaginari culturali e artistici legati al corpo e al genere. Prodotto dal Cassero Lgbti+ Center in collaborazione con il Comune di Bologna, la Regione Emilia-Romagna, il ministero della Cultura e l’Ue.

«In questi 21 anni Gender Bender – dichiara Mattia Macchiavelli, componente del direttivo del Cassero – ha avuto il ruolo di intercettare e portare a tutte noi una serie di corpi, immagini, immaginari, estetiche e poetiche che altrimenti non avremmo avuto modo di conoscere» Un approccio che nel tempo si è ampliato a molte altre tematiche oltre al genere: «Le differenze di cui sono composte le società sono tantissime, ognuno di noi è la somma di tante differenze – sottolineano i direttori artistici Daniele Del Pozzo e Mauro Meneghelli- e questo è il festival che a questo punto apre ai corpi con disabilità, a molteplici generazioni, a provenienze geografiche diverse: le differenze le vogliamo attraversare nella loro complessità». Obiettivi rispetto ai quali gli organizzatori di Gender Bender vedono il Governo come una controparte, ma finora questo non ha avuto conseguenze sui finanziamenti ministeriali:
la programmazione, tramite il Fus, è triennale e la 21esima edizione può contare sui fondi della seconda annualità.

Gender Bender andrà in scena dal 31 ottobre all’11 novembre in 14 spazi della città con 80 appuntamenti: tra questi la prima europea di “Acsexybility” di Daniel Goncalves (documentario che esplora la sessualità delle persone con disabilità), il decennale di “Hope Hunt” di Oona Doherty (Leone d’argento alla Biennale Danza) e la prima nazionale di “Atlas da Boca” della coreografa trans Gaya de Medeiros (fuggita dal Brasile di Bolsonaro). Il tutto con un’attenzione esplicita all’accessibilità: ad esempio, otto eventi avranno l’interpretariato in Lis per le persone sorde e due repliche di “Lampyris Noctiluca” saranno accompagnate da audiodescrizione poetica per il pubblico cieco e ipovedente. Gender Bender è «molto cresciuto negli anni »e oggi rappresenta un festival «unico nel suo genere in Emilia-Romagna ma anche in italia», sottolinea Cinzia Cazzoli, responsabile dell’ufficio Spettacolo dal vivo della Regione.

La rassegna ha il merito di «utilizzare l’arte e la cultura anche in senso educativo, al servizio del territorio e della società», afferma
Cristina Francucci, delegata alla Cultura della Fondazione del Monte. Gender Bender innesca un vero e proprio «processo culturale e artistico, che significa saper coinvolgere le comunità non soltanto nel momento finale della festa», rimarca Roberta Franceschinelli, project manager di Fondazione Unipolis. In un mondo alle prese con guerre, difficoltà economiche e disagio giovanile, il festival è una «ventata di aria fresca», afferma Giulia Caramaschi, responsabile comunicazione interna e Diversity management di Hera. «Con Gender Bender non ci si annoia mai – sottolinea Daniela Marinangeli di Coop Alleanza 3.0 – grazie all’impegno di portare un messaggio attraverso la bellezza e luoghi non comuni».

Foto copertina, Ida ‘dont cry me love2’ courtesy @Stanislav_Dobak

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