Transizione ecologica: le comunità energetiche

A livello europeo è stato recentemente definito il quadro normativo, e relativi incentivi, per la partecipazione dei singoli e della collettività alla produzione, al consumo ed alla condivisione di energie da fonti rinnovabili. Non tutti sanno, forse, che le prime iniziative in questa direzione sono cominciate più di un decennio fa a Bologna, grazie ad un gruppo di ricerca dell’Alma Mater. Ce ne parla la prof.ssa Margherita Venturi, docente UniBo e componente del gruppo Energia per l’Italia.

La recente instabilità geopolitica causata dalla guerra in Ucraina e l’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia ricavata dalle fonti fossili hanno reso necessario accelerare il processo di transizione energetica in generale, e più in particolare verso le fonti rinnovabili, in modo da assicurare al nostro Paese una maggiore sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica.

Una risposta sembra poter giungere da esperienze di comunità energetiche, ovvero realtà costituite da produttori-consumatori e solo consumatori di energia elettrica tramite l’installazione di pannelli fotovoltaici. Il mettersi in comunità permette di utilizzare nel modo più efficiente l’energia prodotta, offrendo vantaggi sia per il produttore (che ottiene benefici aggiuntivi rispetto ai prezzi praticati dal gestore pubblico della rete Gse), sia per il consumatore di energia (che ottiene bollette più leggere), oltre al fatto di fare ricorso tutti ad energia pulita.

Margherita Venturi

Le prime esperienze nazionali sono nate grazie ad un progetto dell’Università di Bologna. Ce ne parla la prof.ssa Margherita Venturi, docente dell’Ateneo e parte del gruppo Energia per l’Italia, di cui è membro anche il prof. Leonardo Setti, presidente dell’associazione ‘centro per le comunità solari’ nata nel 2015. «La comunità solare – precisa la prof.ssa Venturi – è uno strumento che va sotto il nome di comunità energetica, in base alla recente legge 8 del 2020 che definisce l’autoconsumo collettivo. Nasce come progetto dell’Università di Bologna nel 2010. Oggi tutti coloro che vogliono scambiare energia tra cittadini del proprio territorio, risparmiando direttamente sulle bollette elettriche, possono farlo attraverso la piattaforma di comunità solare https://comunitasolare.eu/, che si estende su tutta Italia ed è suddivisa per sezioni locali. I cittadini si iscrivono, le imprese sostengono la piattaforma come forma di welfare sociale, e questo permette di ridurre la povertà energetica all’interno delle famiglie». 

L’energia comunitaria riflette un desiderio crescente di trovare modi alternativi per organizzare e governare i sistemi energetici. Il potenziale innovativo più rilevante nelle comunità solari è la ‘democratizzazione dell’energia’. Aggiunge a questo proposito la prof.ssa Venturi: «Dobbiamo abbandonare il modello dell’energia accentrata, che vede poche aziende produttrici e tantissimi consumatori dipendenti. L’energia solare permette di decentralizzare e democratizzare questo modello. Non essendoci più dominatori del mercato, si democratizza anche l’energia, oltre a poter ridurre drasticamente le emissioni».

Le comunità solari, così come quelle energetiche, permettono l’utilizzo dell’energia rinnovabile perché questa, una volta prodotta, anziché essere immessa nella rete di alta tensione viene condivisa nel territorio in cui è stata generata, rendendo così più sostenibile l’incremento della produzione di energia e la transizione da una rete elettrica con pochi centri di produzione ad una rete con una molteplicità di attori che producono, ed in molti casi consumano, energia elettrica.

Chiediamo alla prof.ssa Venturi quali sono i numeri attuali nella nostra Regione?  «A partire dal 2010, sono nate nella Provincia di Bologna quattro comunità solari. Le piattaforme, localizzate a Casalecchio di Reno, Zola Predosa, Sasso Marconi e Medicina, raccolgono un centinaio di famiglie e diverse decine di automobilisti elettrici. Le persone possono aggregarsi, nei quattro Comuni citati, ad una piattaforma già esistente, oppure possono chiedere anche di aprire nuove piattaforme. Il valore delle comunità solari va, però, oltre l’ambito energetico. Il loro sviluppo, infatti, può rappresentare un modello di produzione esemplare in cui i cittadini si auto-organizzano per raggiungere obiettivi di interesse collettivo, applicabile quindi anche alla gestione dei servizi pubblici locali, come, ad esempio, il servizio di raccolta dei rifiuti o la gestione del servizio idrico e più in generale alla gestione dei beni comuni».

In questa prospettiva un ruolo importante nella promozione delle comunità energetiche e o solari potrebbe essere svolto anche dalle università, che perseguono per loro stessa natura un’esplicita finalità sociale: possono infatti contribuire ad una maggiore diffusione della consapevolezza dei benefici comunitari, sociali, energetici ed ambientali che le caratterizzano.

In secondo luogo, conclude la prof.ssa Venturi: «Come da direttiva Ue tutta l’edilizia pubblica che abbia caratteristiche adeguate dovrà essere fornita di pannelli solari entro il 2025; appare chiaro che le istituzioni pubbliche in futuro non esauriranno il loro compito nel farsi promotrici di buone pratiche, ma ne saranno certamente parte sempre più attiva». 

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