Unesco, intervista a Cristina Ambrosini
Ultime battute delle celebrazioni Multicampus UniBo dedicate ai 50 anni della Convenzione Unesco. Gli appuntamenti sulla World Heritage Convention raggiungono la tappa conclusiva di Bologna per affrontare le nuove sfide della gestione del patrimonio culturale e naturale. Argomenti degli incontri, i progressi della tecnologia e il management dei siti patrimonio dell’umanità, l’impatto della Convenzione sui sistemi giuridici e il rapporto con l’Unione europea, richiamando l’attenzione sulla nuova attrattiva Unesco del Comune, i portici. Obiettivi da cui l’Università e le istituzioni devono partire, come spiega Cristina Ambrosini, dirigente responsabile del settore Patrimonio culturale della Regione Emilia-Romagna, tra i curatori dell’incontro del 1° dicembre, “Unesco e la questione del management: problemi e prospettive”.
«Gli aspetti gestionali dei siti iscritti alla World Heritage, sono un tema molto attuale e sentito – afferma Ambrosini – occorre considerare le caratteristiche del patrimonio Unesco non come realtà a parte, ma come realtà in rapporto al contesto territoriale e culturale di appartenenza».
Cristina Ambrosini, perché è importante ricordare la Convenzione Unesco a 50 anni dalla sua promulgazione?
«La Convenzione ha rappresentato, a livello mondiale, un punto fondamentale di crescita e di affermazione del valore del patrimonio culturale. Oggi dobbiamo, in maniera più coraggiosa e convinta, spingerci verso la gestione sostenibile del patrimonio culturale, all’interno di un rapporto tra il locale e il globale che non può prescindere dai livelli intermedi. Una gestione che deve portare alla consapevolezza di avere a disposizione un patrimonio di eccellenza mondiale di cui però non si è proprietari, ma si è consegnatari temporaneamente. È nostro dovere poterlo consegnare a chi verrà dopo nella sua integrità, così come è richiesto dai criteri di accesso alla lista Unesco».
Quanto è cambiata la tutela del patrimonio Unesco grazie alla Convenzione?
«La Convenzione ha permesso di definire un perimetro sulla tutela e la conservazione entro il quale muoversi, un perimetro che doveva necessariamente prendere in considerazione punti di partenza assai diversi in tutto il mondo, vari approcci culturali e vari contesti geopolitici. Ha rappresentato una base importantissima per consentire agli Stati di sviluppare e approfondire in ambito normativo il tema del rapporto del proprio patrimonio culturale e naturale. Oggi però qualcosa è cambiato a livello mondiale. In molte parti del nostro pianeta i patrimoni culturali e naturali stanno soffrendo a causa dell’uomo. Per questo motivo, la Convenzione necessita di una continua attualizzazione».
E in Italia?
«Avendo il nostro Paese una normativa sui beni culturali di lunga tradizione, benché necessiti di un aggiornamento, è stata per la redazione della Convenzione una base di partenza per argomentare gli articoli sulla protezione del patrimonio mondiale».
Quali sono i nuovi obiettivi che la Regione Emilia-Romagna si propone per una fruizione a 360° dei cinque siti Unesco?
«La Regione accompagna con le sue politiche il territorio, quindi i Comuni, gli istituti culturali come le biblioteche, i musei e gli archivi, alla gestione dei patrimoni Unesco, per stimolare le comunità a una corretta fruizione del patrimonio, che dev’essere sempre considerato in relazione alle realtà a cui fa riferimento. La Regione ha il compito di non dimenticare mai il contesto di appartenenza di ciascun patrimonio Unesco, patrimonio che a sua volta deve continuamente sentire un’attenzione dinamica e sostenibile degli amministratori e dei cittadini. Di conseguenza, anche i patrimoni culturali ordinari della Regione, hanno bisogno di essere riqualificati e presi in considerazione perché abbandonati o semi abbandonati».
Qual è il ruolo dell’Università di Bologna all’interno dell’ambito della tutela del patrimonio Unesco?
«È quello di leggere le istanze e i fabbisogni dei siti, lavorare per la costruzione di percorsi formativi che possano offrire figure professionali di management, capaci per esempio di presidiare i team di lavoro nelle città dove sono presenti i siti, oppure di gestire il rapporto del sito con la realtà circostante, o di rispondere agli obblighi conservativi, di protezione, di fruizione, di valorizzazione dello stesso sito Unesco».