Wonder Woman, l’eroina femminista in una mostra curata dalla bolognese Alessia Marchi

di Medea Calzana.

Dal 17 novembre al 20 marzo 2022, al Palazzo Morando di Milano, è visitabile la mostra dedicata a Wonder Woman. L’esibizione celebra i festeggiamenti per gli 80 anni della grande eroina, accompagnati dalla campagna internazionale #believeinwonder. La mostra è curata dalla bolognese Alessia Marchi. Pierri: «Wonder Woman è la guerriera archetipica, nata per difendere la visione di un mondo nuovo»

Nessun altro eroe del fumetto la eguaglia: è Wonder Woman, fortissima, bella ed estremamente intelligente. Le sue origini mitiche sono un inno al femminismo più pronunciato: nasce infatti da Ippolita e Athena. Eppure, Wonder Woman ha già compiuto 80 anni, era infatti il 1941 quando il suo ideatore William Moulton Marston la presentava al grande pubblico: «Finalmente, in un mondo lacerato dall’odio e dalle guerre degli uomini, appare una donna per la quale i problemi e le imprese degli uomini sono un gioco da ragazzi. Con cento volte l’agilità e la forza dei nostri migliori atleti maschi e dei lottatori più forti, appare come se dal nulla vendicasse un’ingiustizia o raddrizzasse un torto! Bella come Afrodite, saggia come Atena, con la velocità di Mercurio e la forza di Ercole, è conosciuta solo come Wonder Woman!». Nonostante non siano più gli anni Quaranta il mito dell’eroina, inguainata nel suo costume/bandiera statunitense e con l’infallibile lazzo per catturare i nemici, è più vivo che mai nel suo incarnare l’archetipo della donna guerriera, riflesso della potenza e del prodigio del femminile, sfida alla società patriarcale e bigotta. 

La bolognese Alessia Marchi, che in passato ha scritto per la nostra rivista CUBo, ha curato la mostra “Wonder Woman. Il Mito” in programma fino al 20 marzo 20221 a Palazzo Morando a Milano. 

Si tratta del primo progetto museale nonché della prima mostra in Italia interamente dedicata all’eroina femminile dell’universo DC Comics, personaggio tra i più amati dell’immaginario americano di tutti i tempi. 

 WW è strettamente legata alla fase progressista della storia americana. L’ideatore e il suo disegnatore Harry G. Peters hanno infatti assorbito le spinte della lotta per il voto femminile. E questo lato femminista, quasi estremo, è racchiuso anche nel modo in cui l’eroina guerriera è stata generata. All’inizio della storia, infatti, Wonder Woman è cerata grazie all’intervento della dea Afrodite che forgia la materia inanimata per preghiera dell’amazzone Ippolita. «Wonder Woman è fin da subito mostro nel senso anti- patriarcale del termine, prova della capacità femminile di auto-procreare al di fuori del dominio maschile» come scrive Marina Pierri, semiologa laureata all’Alma Mater e autrice del saggio “Il simbolo della Guerriera” pubblicato nel catalogo della mostra. 

Il mito di Wonder Woman, quindi, ha una straordinaria genesi femminista perché William Marston era fermamente convinto della superiorità del gentil sesso e il personaggio della guerriera è nato anche grazie all’aiuto indispensabile delle tre donne – Elizabeth Holloway, Olive Byrne, Marjorie Wilkes Huntley – con le quali intratteneva una scandalosa relazione amorosa. Ma non solo, perché nella sua ideazione è fondamentale anche il ruolo di una quarta donna: ovvero Margaret Sanger, imparentata con la Byrne, rivoluzionaria fondatrice della prima clinica statunitense per il controllo delle nascite.

Da lì il successo del fumetto, ma poi Wonder Woman è diventata negli anni Settanta l’omonima serie televisiva statunitense, con protagonista un’intramontabile Lynda Carter, per conquistare infine il grande schermo con i film Wonder Woman (2017) e Wonder Woman 1984 (2020), entrambi interpretati da Gal Gadot.

 

Lascia un commento